«Prof, mi abbassa il voto?
Cosi ho rischiato la bocciatura»

Si può avere 10 di media e rischiare l'anno per un 5 in condotta neppure discusso (a giudicare dal testo del verbale) in consiglio di classe? È successo in una scuola bergamasca e la storia è finita bene, ma non in gloria, dato che la famiglia ha fatto ricorso.

Si può avere 10 di media e rischiare l'anno per un 5 in condotta neppure discusso (a giudicare dal testo del verbale) in consiglio di classe? È successo in una scuola bergamasca e la storia è finita bene, ma non in gloria, dato che la famiglia ha fatto ricorso.

La vicenda comincia uno degli studenti migliori della classe che chiede all'insegnante di abbassargli un voto, ritenuto superiore alla prestazione e, in ogni caso, di favore rispetto a quello dei compagni interrogati insieme. Invece di accogliere l'inusitata richiesta e trasformarla in un momento educativo di riflessione comune per la classe, l'episodio viene vissuto dall'insegnante come un'invasione di campo offensiva da parte dell'allievo. Allo studente viene anche chiesto (senza risultato) di chiedere scusa all'insegnante.

Da quel momento il rapporto di fiducia docente-discente si rompe. L'insegnante si sente giudicato, l'allievo parte lancia in resta reclamando (anche per scritto, in un tema dalla consegna pertinente) un insegnamento migliore nel metodo e senza favoritismi nella valutazione. Due giorni dopo gli scrutini del primo quadrimestre, la famiglia viene chiamata in presidenza e riceve lodi per il profitto, la comunicazione di un giorno di sospensione che dev'essere trascorso a scuola a colloquio con i docenti e la notizia che il consiglio di classe ha deciso di dare 5 in condotta. Il voto però non viene motivato nella griglia di valutazione della pagella.

La famiglia chiede di avere accesso ai verbali dove, afferma, non c'è traccia di una discussione di merito sulla questione. Inoltre, la documentazione non appare completa in tutti gli allegati.

Dopo altri inutili tentativi, parte il ricorso, mentre il secondo quadrimestre continua con mare calmo in tutte le materie tranne una. I docenti appaiono disponibili presi singolarmente, ma non esprimono una posizione educativa comune e chiara. Intanto il ragazzo sta peggio di quanto voglia ammettere e si sente tradito dagli adulti che riteneva suoi maestri. Sullo sfondo resta il rischio della bocciatura. L'anno si chiude con un'ammissione agli esami di terza con la media del nove (voto di condotta otto) e l'uscita con la media del dieci.

La morale di questa storia è che è inutile che la scuola invochi l'eccellenza quando poi l'eccellenza, che ha lati scomodi, perché implica soggetti tendenzialmente dialettici, non la vuole davvero. Perché non sempre è in grado di gestirla per far maturare le inevitabili asprezze della prima presa di misura del mondo. A meno che per eccellenza non si intenda, ancora, il conformismo ossequiente. «Non abbiamo ancora notizia dell'esito del ricorso – afferma la dirigente provinciale Patrizia Graziani – e faccio solo un ragionamento di tipo generale. In queste situazioni perdono tutti, la scuola e la famiglia. A meno che lo scontro possa essere concordemente trasformato in un'occasione educativa.

Il minore può essere da un lato ascoltato nelle sue ragioni e dall'altro ricondotto ai diritti e ai doveri del proprio ruolo. "Concordemente" significa che tutti gli adulti devono cooperare: il docente coinvolto, i colleghi, il dirigente, i genitori per dare un messaggio corale chiaro. Il provvedimento disciplinare può essere necessario, ma va modulato con attenzione pedagogica».

Susanna Pesenti

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