«Farmacista per servizio»
Bialetti lascia dopo 5 mandati

Da 5 mandati consecutivi è presidente dell'Ordine dei Farmacisti di Bergamo: ora alla vigilia del sesto (si vota il 26, 27 e 28 novembre per il rinnovo) ha deciso di lasciare. Il pilastro delle farmacie bergamasche, Ferdinando Bialetti - 77 anni, lascia dopo 15 anni.

Da 5 mandati consecutivi è presidente dell'Ordine dei Farmacisti di Bergamo: ora alla vigilia del sesto (si vota il 26, 27 e 28 novembre per il rinnovo) ha deciso di lasciare. Il pilastro delle farmacie bergamasche, Ferdinando Bialetti - 77 anni portati talmente bene da far pensare che, tra pozioni e alambicchi, dev'essersi inventato un qualche elisir di giovinezza - dice che «è il momento di farsi da parte. Mia moglie me lo dice da tempo. Però mantengo altri incarichi istituzionali: perché sa, la farmacia è davvero una passione».

Ma da quanto tempo è farmacista?
«Mi sono laureato nel 1959, a Pavia. Mio padre era pittore, mia madre casalinga, entrambi pavesi: non ho quindi subito suggestioni in famiglia, ma mi aveva affascinato vedere all'opera un amico di famiglia farmacista a Loano, dove avevamo una casa di vacanza: lo guardavo preparare medicamenti. Così, dopo il liceo Scientifico a Casale Monferrato - ah, il giornalista Giampaolo Pansa era mio compagno di classe - ho deciso che volevo fare anch'io come quell'amico di famiglia».

E le è capitato, di preparare pozioni e unguenti?
«Ho un ricordo vivido, quel periodo mi coinvolse molto emotivamente: erano gli anni Novanta, quando si diffuse il metodo Di Bella che si diceva curasse il cancro. Mi telefonavano da ogni parte d'Italia, per i preparati a base di somatostatina: mi rimase impresso con quale disperazione la gente mi chiamasse».

Erano gli anni Novanta, lei aveva già la sua farmacia in Borgo Palazzo. Come ci è arrivato?
«Diciamo che è stato un lento ma progressivo percorso. All'Università avevo conosciuto mia moglie, anche lei farmacista: le nozze furono nel 1962, io facevo il propagandista di medicinali, insomma l'informatore medico. L'azienda per la quale lavoravo mi propose la carica di direttore di filiale a Roma. Decisi di rifiutare, con mia moglie prendemmo in affitto una farmacia a Ziano Piacentino. Tre anni dopo, seppi che era in vendita la farmacia di Serina: non avemmo esitazioni. E approdammo qui».

Dai colli dell'Emilia ai monti orobici. Che impressione le fece, la prima volta, Bergamo?
«Ricordo il parco Suardi: vi stavano facendo un concorso ippico. Pensai: è una grande città. Non ho cambiato idea».

È cambiata la figura del farmacista.
«Moltissimo. E un po' ne ho quasi nostalgia: a Serina, e così in tutti i paesi d'Italia, il farmacista era il punto di riferimento. Io ho rischiato persino di fare l'ostetrico. E se dobbiamo raccontare tutto, io a Serina non sono stato solo farmacista: ho fatto anche l'insegnante e il preside, fino al 1983, quando lasciai la scuola con una baby-pensione».

Un farmacista-preside?

«Era il 1964, venne istituita la scuola media dell'obbligo: in paese mancavano insegnanti, il sindaco che era anche preside mi chiese di fare il docente di matematica e scienze, come supplente. Accettai. E quando lui andò in pensione il provveditore mi diede l'incarico di preside: ci rimasi per cinque anni, poi fui preside a Cisano e anche a Bergamo, a Celadina. Continuai anche quando nel 1979 ci trasferimmo a Bergamo e acquistammo la farmacia di Borgo Palazzo, dove tuttora lavora la mia famiglia: mia moglie Giuseppina, mia figlia Michela e mio genero. Il mio primogenito, Alessandro ha preso un'altra strada, fa il commercialista. Chissà, forse il mio nipotino, Alberto, che ha 7 anni, potrà continuare sulle mie orme».

Ma non le bastava tutto il daffare dietro il bancone? Perché prendersi anche incarichi istituzionali?
«La farmacia è una passione a tutto tondo: per me è non solo rispondere ai bisogni degli utenti ma anche alle dinamiche della professione dall'interno. Io entrai in Federfarma, che è il sindacato dei farmacisti, nel 1988. Nel 1993, in piena Tangentopoli, a Bergamo restò vacante il posto del presidente e quando nel 1994 vennero indette nuove elezioni mi candidai e fui eletto vicepresidente. Al vertice ci arrivai nel 1997. Dopo quasi 15 anni è tempo di farsi da parte. Ma resterò tesoriere della Federazione regionale degli Ordini e componente della Consulta degli Ordini».

Cosa le piace ricordare tra le iniziative come presidente dell'Ordine?
«La consegna dei farmaci a domicilio, poi decaduta perché chi aveva la convenzione del trasporto non ci vedeva profitto. Aver istituito il servizio notturno giornaliero alla farmacia dell'ospedale in via Statuto: lo pagano le altre farmacie ed è un punto fermo per i cittadini. Non so se si riuscirà a mantenere il servizio con il trasloco nel nuovo ospedale».

La sua carriera in poche parole.
«Il mio lavoro è stato solo un semplice servizio: anche adesso, ogni tanto, sono dietro il bancone. Certo, lasciando l'Ordine, avrò anche più tempo per dedicarmi ai miei fiori e ai miei quadri, colleziono opere dell'Ottocento italiano. Forse l'amore per l'arte è il lascito di mio padre pittore: mi chiamo Ferdinando, come lui».

Carmen Tancredi



 

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