Beschi: «Il cattolicesimo a scuola
è un'esperienza che illumina»

«Insegnare il cattolicesimo a scuola significa far conoscere non solo una dottrina religiosa, ma trasmettere il senso di un'esperienza che illumina il proprio orizzonte umano e spirituale. La fede è personale». Lo ha sottolineato il vescovo Francesco Beschi.

«Insegnare il cattolicesimo a scuola significa far conoscere non solo una dottrina religiosa, ma trasmettere il senso di un'esperienza che illumina il proprio orizzonte umano e spirituale. La fede è personale, nessuno può sostituirsi all'esperienza di un'altra persona nell'incontro con Dio. Ma l'ignoranza non è scusabile e la scuola esiste per la conoscenza: sapere, saper fare, fino a saper essere».

Lo ha sottolineato il vescovo, monsignor Francesco Beschi, intervenendo all'incontro con i presidi delle scuole bergamasche alla Casa del Giovane insieme alla dirigente dell'Ufficio Scolastico Territoriale Patrizia Graziani. L'incontro annuale per lo scambio degli auguri in prossimità del Natale è organizzato dall'Ufficio scolastico diocesano e quest'anno ha come tema l'insegnamento della religione cattolica nelle scuole, in occasione del 25° anniversario dell'accordo stato-chiesa che ha reso la religione cattolica insegnamento curricolare del quale gli studenti possono avvalersi o non avvalersi.

L'incontro è stato aperto dal saluto di monsignor Vittorio Bonati, delegato vescovile per la scuola, e di don Michele Cortinovis, responsabile Irc, mentre la relazione introduttiva per inquadrare dal punto di vista legislativo ed educativo la presenza della religione cattolica nella scuola italiana è stata tenuta dal provveditore Patrizia Graziani.

L'incontro, in un clima di cordialità, si è concluso con lo scambio degli auguri e il dono da parte del vescovo ai dirigenti scolastici di una «maternità» realizzata in un villaggio boliviano per l'Ufficio Missionario.

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