«I miei amici uccisi dai fascisti»
Mai «Tarzan» li dimenticherà

Luigi Tarzia, 87 anni, di Lovere, ne aveva 19 quando 13 suoi amici partigiani furono fucilati dai fascisti. Era il 22 dicembre 1943. L'Associazione nazionale partigiani d'Italia di Lovere domani ricorderà il 68° anniversario della fucilazione.

Luigi Tarzia, 87 anni, di Lovere, ne aveva 19 quando 13 suoi amici partigiani furono fucilati dai fascisti. Era il 22 dicembre 1943 e lui, uno dei fedelissimi del comandante Montagna, era scampato al rastrellamento di qualche giorno prima, una rappresaglia contro una serie di azioni dei partigiani. «Per noi lottare per la libertà era un ideale su cui non si poteva mediare. I giovani dovrebbero ricordarlo». L'Associazione nazionale partigiani d'Italia di Lovere domani ricorderà il 68° anniversario della fucilazione


“C'erano fascisti dappertutto, avevano preso 5 dei nostri. Abbiamo sparato con il moschetto e la pistola, ma loro rispondevano con i mitragliatori. Non abbiamo potuto fare niente e siamo scappati nella pineta. Sotto la pioggia intanto loro scendevano a valle con i nostri compagni ammanettati”.

A raccontare il dramma dei XIII Martiri è Luigi Tarzia, 87 anni, nome di battaglia “Tarzan” l'ultimo sopravvissuto del gruppo dei XXIII Martiri e uno dei protagonisti della Resistenza nell'Altosebino. Si è ribellato a 19 anni, ha combattuto i fascisti con il gruppo partigiano “La Resistenza nel Loverese” di Giovanni Brasi (il Comandante Montagna), poi diventato la “53ª Brigata Garibaldi XIII Martiri”. Ha partecipato in prima linea a tantissime operazioni e battaglie, fino a diventare il fedelissimo del Comandante.

Il 7 dicembre del '43 il partigiano loverese era sui monti di Ceratello (frazione di Costa Volpino) e ha visto per l'ultima volta i suoi amici. Per fortuna, insieme a Gianni Corna (nome di battaglia “Bomba”) scomparso nel 2008, è riuscito a fuggire al rastrellamento fascista. Pochi giorni dopo, la mattina del 22 dicembre li hanno fucilati tutti.

“Giulio Buffoli, -continua Tarzan- Giacinto Macario, Giovanni Vender, Andrea Guizzetti e Luca Nitckisc li hanno catturati sotto i nostri occhi, Salvatore Conti e Ivan Piana li hanno presi a Qualino (frazione di Costa Volpino) mentre ci stavano raggiungendo al rifugio. Francesco Bezzi, Giovanni Moioli, Vittorio Lorenzini, Mario Tognetti e Giuseppe Ravelli invece sono stati prelevati dalle loro case nei giorni seguenti, dopo essere riusciti a fuggire dall'agguato fascista di quella maledetta mattina. Il tenente Eraldo Locardi è stato sorpreso a Milano, in una sala cinematografica in compagnia della moglie”.

I ricordi nella mente di Tarzan dopo 68 anni non si sono ancora offuscati. “Impossibile dimenticare, anni terribili. Sangue, disperazione, morte e violenza. Non avevamo scelta. Abbiamo combattuto per la libertà. Ero in montagna da oltre 2 mesi, quella mattina del 7 dicembre al “Rifugio Rodari” (Ceratello) sembrava una giornata come tante. Freddo, nebbiolina e poco o niente da mangiare. Aspettavamo Andreino Guizzetti che era sceso dai contadini per prendere il latte. Anche il corpo di guardia, piazzato poco più a valle però era in ritardo. Allora avviso il Comandante che mi ordina di scendere con Gianni Corna a dare un'occhiata. Vedo movimenti strani e fuori dalla stalla in località “Ciar” è pieno di fascisti. Corriamo per dare l'allarme, ma loro sono ovunque e sparano. Rispondiamo al fuoco, però ci rendiamo conto che è impossibile. Sono troppi, hanno armi più potenti delle nostre e se ne vanno con 5 dei nostri compagni”.

Mentre racconta si commuove e piange. I suoi occhi e il suo viso si tuffano nuovamente in quel passato sempre vivo dentro di lui. “Il rastrellamento dei XIII Martiri, -continua Tarzan- è stata la risposta dei fascisti a 5 nostre azioni dimostrative compiute alla fine di novembre, dove morirono Giuseppe Cortesi (segretario politico del fascio) e Paolo Rosa (podestà di Lovere). Insieme a 4 partigiani ero all' acciaieria Ilva (oggi Gruppo Lucchini Spa). Incappucciati e armati siamo andati in direzione. Il cassiere ha consegnato i soldi senza opporre resistenza, noi gli abbiamo lasciato le paghe degli operai e abbiamo preso il resto, ma Giuseppe Cortesi ha tentato la fuga e il tenente Locardi gli ha sparato. Il giorno seguente al rifugio c'è stata una riunione per contare i soldi e decidere cosa fare. All'Ilva avevamo prelevato 955.000 mila lire. Gli uomini di Locardi stanchi e infreddoliti chiedono una licenza fino alla fine di Gennaio, Brasi non è d'accordo ma il 2 dicembre il gruppo si divide. Al rifugio restiamo in 35. Poi l'agguato fascista”.

A questo punto Tarzan deve nascondersi, non può restare in giro. Dopo la rappresaglia del 7 dicembre il “Rifugio Rodari” è stato abbandonato, Lovere è presidiata. Il Comandante Montagna e gli altri sono fuggiti. “Con Gianni Corna, -racconta il partigiano- siamo scesi a Lover, ma a casa non potevamo stare, ci avrebbero ammazzati. Conoscevo una grotta ben mimetizzata dalla boscaglia in località “Trello”, ho deciso di nascondermi li. Mio padre mi portava da mangiare solo dopo il tramonto. Lo metteva in una ciotola di quelle che si usano per i cani, per non dare sospetti. Gianni è rimasto 3 giorni, poi si è nascosto da un'altra parte. Ero solo, la grotta stretta e bassa. Ero alto 1 metro e 90, dovevo stare in ginocchio al buio. Uscivo dal buco soltanto la sera tardi, per mangiare in un piccolo capanno poco distante. Chiedevo sempre dei miei compagni, ma il papà mi dava risposte vaghe. La sera del 23 dicembre era triste, piangeva. Mi ha detto: -ieri mattina (22 dicembre 1943) li hanno fucilati tutti-. Ancora oggi non riesco a spiegare cosa ho provato. È un dolore troppo forte per essere raccontato. Sono rimasto nella grotta fino alla sera di Natale, ho pianto per 2 giorni. La notte ho mangiato minestra e gallina bollita con mio padre. Il 26 alcuni ragazzini che giocavano nei paraggi sono entrati nella grotta. Mi avevano scoperto. Ho preso zaino e moschetto e sono fuggito di nuovo. Ma questa è un'altra storia”.

Sono passati 68 anni da allora, l'Italia è cambiata, ma non dimentica. “Oggi c'è libertà e democrazia, -conclude Luigi Tarzia- sono cose preziose e non scontate. Abbiamo combattuto per questo. Tantissimi hanno dato la vita per ottenerle. Adesso tocca alle giovani generazioni non dimenticare e lottare per una società migliore di questa”.

Giovanni Merla

© RIPRODUZIONE RISERVATA