«I commercialisti? Non casta
Siamo tutori della legalità»

La proposta di riforma degli Ordini professionali ha scatenato accesi dibattiti nei diversi settori professionali. Spesso accusati di corporativismo. Un discorso generale che, però, deve essere declinato in base alla realtà dei diversi tipi di professionisti.

La proposta di riforma degli Ordini professionali ha scatenato accesi dibattiti nei diversi settori professionali. Spesso accusati di corporativismo. Un discorso generale che, però, deve essere declinato in base alla realtà dei diversi tipi di professionisti.

Per quanto riguarda la categoria dei dottori commercialisti ed esperti contabili, tre sono le questioni cruciali su cui pone la propria attenzione l'Ordine: l'abolizione dei tariffari minimi, la riduzione del tirocinio per i giovani che vogliono accedere alla professione, la possibilità di costituire società di capitali tra professionisti e non solo.

«Non siamo favorevoli a un concetto generale di liberalizzazione, perché l'Ordine è una tutela per i terzi, in quanto si occupa della formazione, del controllo e della garanzia di professionalità dei propri iscritti», dice Alberto Carrara, presidente dell'Ordine dei commercialisti di Bergamo.

In particolare, «si propone la liberalizzazione di minimi tariffari che noi abbiamo abolito da tempo - puntualizza - e, perciò, non ci riguarda, in quanto siamo già adeguati. Anche se vorrei aggiungere che oggi c'è una tariffa indicativa per determinati tipi di attività, che non è vincolante. Ma certamente una tariffa troppo bassa dovrebbe mettere in guardia sul livello qualitativo della prestazione».

C'è poi l'aspetto che riguarda l'accesso alla professione, ovvero il tirocinio, «che in base alle proposte si vorrebbe portare da 24 a 18 mesi - continua Carrara -. Non sembra giusto per un'adeguata crescita professionale. Non è nostra intenzione porre ulteriori barriere, anzi. Abbiamo un alto numero di neo iscritti ogni anno, una media di una quarantina di giovani colleghi».

Tornando alla professione, un altro rischio evidenziato da Carrara riguarda «la possibilità di costituire società di capitali tra professionisti, con la partecipazione di soci di capitale, anche non professionisti, che possono detenere la maggioranza e che le possono anche amministrare». Sarebbe un impoverimento del ruolo professionale.

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