Città Alta, un tuffo nella storia
Ma la Corsarola non diventi bazar

Il problema è: che cosa ne vogliamo fare di questa Città Alta? È un gioiello, d'accordo. È un tesoro, d'accordo. Ma un tesoro va tenuto con ogni cura. E deve dare frutto. Città Alta non può diventare una mummia.

Il problema è: che cosa ne vogliamo fare di questa Città Alta? È un gioiello, d'accordo. È un tesoro, d'accordo. Ma un tesoro va tenuto con ogni cura. E deve dare frutto. Città Alta allora non può diventare una mummia, un morto museo di se stessa. Perché è una città e una città è viva, per definizione. Non siamo davanti agli scavi di Pompei. Ma neppure le antiche strade possono venire trattate alla stregua delle corsie di un centro commerciale o di via Venti Settembre. Hanno una veneranda età, una gloriosa storia. Che va rispettata.

Camminiamo in questo tiepido pomeriggio di gennaio lungo la Corsarola con Maria Mencaroni Zoppetti, presidente dell'Ateneo di scienze, lettere e arti nonché residente in Città Alta dai primi Anni Settanta. Maria Zoppetti, perugina di origine, ha visto via via andarsene i tanti artigiani, le tante botteghe tradizionali che davano un sapore in più al carattere della vecchia città sul colle.

Al loro posto ha visto arrivare caramelle, gelati, pizzette, abiti, ninnoli di ogni genere. Sandro Angelini, non dimenticato architetto e uomo di cultura bergamasco, negli Anni Novanta aveva più volte messo in guardia contro il rischio di trasformare la via principale di Città Alta in un bazar, in una fiera delle pizzette e della paccottiglia.

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