«Monasterolo, vietato salire»
Ma i pattinatori riempono il lago

In barba ai divieti appesi agli alberi dal 2009, un'ordinanza firmata dai sindaci di Spinone e Monasterolo che vieta di accedere alla superficie del lago. A Monasterolo, in località Giaséra, le persone pattinano senza preoccuparsi dei rischi.

In barba ai divieti appesi agli alberi dal 2009, un'ordinanza firmata dai sindaci di Spinone e Monasterolo che vieta di accedere alla superficie del lago. Ghiacciato o meno che sia. A Monasterolo, in località Giaséra, le persone pattinano senza preoccuparsi dei rischi. Bambini per lo più, accompagnati dalle loro mamme, tutti o quasi con i loro pattini ai piedi. Arrivano a piccoli gruppi chi dall'accesso a fianco dell'ex ristorante «La Monasterola», chi dalla strada principale. «Noi sappiamo dove andare – spiega una mamma senza perdere d'occhio il figlioletto –. Per esempio, alla larga dalle canne che indicano la presenza di una buca».

Di attraversare il lago fino a Spinone oggi non se ne parla, ma qualche giorno fa qualcuno è stato visto farlo. Ora i temerari se ne stanno a una ventina di metri, «ma solo in questo angolo dove il sole batte soltanto un'ora al giorno» aggiunge sicura la mamma. «Qui a Monasterolo tutti i ragazzi li hanno, per noi è una tradizione venire qui a schettinare – spiega un'altra mamma –. Ma stiamo attenti, io guardo che per 6-7 notti la temperatura sia scesa sotto lo zero. Comunque occorre stare attenti: se è vietato, ci sarà un motivo». Vietato, eppure fatto.

Con i carabinieri che i controlli li fanno: «Li facciamo e come deterrente funzionano, visto che appena ci vedono scappano. Multe no, quest'anno non ne abbiamo date» ha detto il comandante, maresciallo Fabrizio Dadone. Da Monasterolo il primo cittadino aggiunge che «quell'ordinanza fu fatta per salvaguardarci rispetto a chi sceglie di salire sul ghiaccio». Semplici mani avanti, quindi? «Usare il pugno di ferro significherebbe transennare tutto il lago, con costi enormi – replica –. Comunque ribadiamo di prestare molta attenzione».

Per saperne di più leggi L'Eco di Bergamo del 16 gennaio

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