Adottata, diventa «detective»
Ritrova i genitori dopo 50 anni

È il desiderio viscerale di voler conoscere l'identità della madre biologica e una grande forza di volontà, che hanno spinto una bergamasca a risalire, dopo quindici anni di intense ricerche, al nome della donna che l'ha messa al mondo.

È il desiderio viscerale di voler conoscere l'identità della madre biologica e una grande forza di volontà, che hanno spinto una bergamasca a risalire, dopo quindici anni di intense ricerche, al nome della donna che l'ha messa al mondo.

Si dice che volere è potere, ma nel caso di Caterina Calvi di Albino, che ora ha cinquant'anni, non tutto è andato liscio, perché a ostacolare le ricerche hanno contribuito notevolmente i limiti normativi dell'attuale legge sulla filiazione. Al momento del parto la madre non l'aveva riconosciuta e l'aveva lasciata all'ex brefotrofio di Bergamo.

Trascorsi quattordici mesi, la bimba era stata prima affidata e poi adottata da una famiglia bergamasca che l'ha cresciuta con amore. Caterina ha vissuto ad Albino con i suoi genitori adottivi, i quali l'hanno sostenuta nel suo desiderio di intraprendere lo studio del canto.

A ventidue anni si è trasferita a Milano per quasi un decennio. Inizialmente collabora con il Coro della Rai, poi viene assunta dal Coro della Scala. Nel 1988 debutta come protagonista in una prima dell'opera giovanile di Rossini: il «Ciro in Babilonia». Da lì, una carriera solistica che l'ha portata a cantare in Italia e all'estero.

Alla morte della madre, decide di tornare ad Albino per stare vicina al padre, che perde cinque anni dopo. A questo punto matura l'idea di cercare i genitori naturali, «idea che, per rispetto dei miei genitori adottivi, avevo evitato».

Inizialmente si affida a un'agenzia investigativa di Bergamo dalla quale ottiene i primi risultati. «Dopo due anni avevo ricevuto alcune notizie - puntualizza Caterina - ma non sufficienti al ritrovamento. Anche per questioni economiche, decisi di abbandonare l'aiuto degli investigatori. Devo però ringraziare la titolare dell'agenzia per quella prima traccia e per avermi incitata a non mollare mai».

Caterina prosegue le ricerche da sola e si improvvisa detective. Tra una telefonata e l'altra, tra momenti di entusiasmo e altri di sconforto, Caterina non ha mai smesso nel suo intento: conoscere la sua famiglia di origine. Dopo un periodo molto delicato, si ammala di depressione a causa di alcuni problemi di salute che l'avevano obbligata ad allontanarsi dalla professione che amava. Caterina era affetta da obesità.

E a seguito di due interventi per dimagrire era entrata in uno stato mentale poco sereno. «Ma proprio durante questo periodo di grande crisi - tiene a sottolineare Caterina - si rafforzava in me il bisogno di trovare le mie radici».

Ha percorso tutte le strade possibili: si è rivolta agli ospedali, ha consultato i faldoni dei battesimi, è stata negli uffici pubblici ma sembrava che non riuscisse a trovare alcun elemento che potesse ricondurla al suo passato. «Avevo bisogno di conoscere il perché del mio carattere, del mio aspetto esteriore, di avere più coscienza di "chi" fossi per chiudere il cerchio, per potermi ritrovare completamente».

La svolta arrivò circa un anno fa quando chiese all'archivio provinciale la propria cartella del brefotrofio, nella quale trovò i dati del suo passaggio in quell'istituto. «Sono stata fortunata a trovarla - spiega Caterina - perché a volte capita che cartelle o dati vadano persi nel tempo. Ho potuto vedere le iniziali del cognome e del nome di mia madre, la sua età, il luogo di provenienza, che corrispondeva a quello che già avevo scoperto in passato e ho potuto inoltre leggere le due pagine della relazione dell'assistente sociale che si occupava del mio caso».

In quel documento, Caterina apprende che aveva avuto non solo gravi problemi di salute dopo l'affido, ma anche che la madre naturale era venuta a cercarla al brefotrofio per riportarla a casa, essendosi nel frattempo sposata.

In quegli anni, le madri avevano solamente due anni per tornare all'istituto a riprendersi il figlio, nel caso in cui questo non fosse già stato adottato, ma per la mamma di Caterina era troppo tardi: la bambina era già in adozione. La madre non riuscì mai più a rivederla. Sapere che era stata cercata, e quindi voluta, è stata la molla decisiva che ha spinto Caterina a insistere nel suo cammino di ricerca.

Dopo una lunga serie di incontri con varie persone, telefonate e spostamenti, scopre che il luogo di nascita della madre, è una cittadina del Sud. Sempre grazie alla sua tenacia, in modo quasi casuale è riuscita a conoscere il nome e il cognome della madre e di colui che ne divenne il marito.

Dopo un'estenuante ricerca, Caterina ritrova sua madre nel giorno esatto del settimo anniversario della sua morte, e la raggiunge al Sud dove le porterà una rosa rossa: il fiore preferito della madre. «Mi dispiace molto di essere arrivata troppo tardi - prosegue -, volevo ringraziarla per avermi dato la vita».

Ma Maria, non ha dato solo la vita a Caterina, le ha donato anche sei fratelli che, con loro padre, l'hanno accolta con gioia e affetto, perché sapevano che la mamma aveva cercato questa figlia per tutta la vita. Caterina durante le sue ricerche si era rivolta anche all'associazione «Faegn: figli adottivi e genitori naturali», ricevendo consigli sulla strada più utile da percorrere.

E Caterina ha aiutato un'altra persona adottiva a ritrovare i suoi genitori. «Mi sono sentita appagata perché solo se si vive un'esperienza diretta, si è in grado di capire e di dare aiuto». Ora Caterina vive sempre ad Albino, pesa 64 chili in meno rispetto a qualche anno fa, ha sei fratelli in più, una foto della madre alla quale assomiglia moltissimo e tanta più coscienza di se stessa. La sua esistenza è cambiata totalmente.

Romina Liuzza

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