Vitalizi, Jannone ritira il ricorso
«Ci ho già rinunciato dal 1996»

Il parlamentare bergamasco Giorgio Jannone sabato 4 febbraio ha inviato un'email in redazione in cui annuncia di aver ritirato il ricorso contro la soppressione dei vitalizi, ricorso «presentato peraltro solo per ragioni di principio in quanto al vitalizio ci ho già rinunciato fin dal 1996».

Decisa a dicembre e in vigore da gennaio, la soppressione dei ricchi vitalizi e il passaggio a un sistema previdenziale contributivo ha provocato non pochi mal di pancia tra i parlamentari. Lamentele pronunciate nei corridoi del «palazzo», ma sempre a mezza bocca.

Almeno fino a giovedì 2 febbraio, quando in 26 si sono fatti avanti e, sfidando il clima «anticasta», hanno depositato i loro ricorsi contro la decisione della Camera. Si tratta per lo più di ex deputati, in carica per una o due legislature, dal '94 in poi. Hanno tra i 40 e i 50 anni e subiscono le conseguenze più pesanti della «tagliola» delle nuove regole perché si aspettavano di iniziare a percepire il vitalizio (maturato da alcuni di loro in 2 soli anni di lavoro parlamentare) allo scoccare dei 50.

E invece dovranno aspettare fino a 60 anni o 65 per chi ha concluso un solo mandato. Tra i ricorrenti ci sono anche tre parlamentari in carica, Roberto Rosso (Pdl), Daniele Molgora (Lega), entrambi sottosegretari del governo Berlusconi, e il bergamasco Giorgio Jannone (Pdl).

Jannone, peraltro, sabato 4 febbraio ha inviato un'email in redazione in cui annuncia di aver ritirato il ricorso, presentato - peraltro - solo per ragioni di principio in quanto al vitalizio lui ci ha rinunciato fin dal 1996. Ecco la sua lettera integrale.

«Come risulta dagli atti della Camera, nel 1996 fui l'unico parlamentare italiano, in tempi non sospetti, a rinunciare volontariamente ed integralmente al vitalizio perché ritenevo, come continuo a ritenere, che non sia equo percepire alcuna forma di vitalizio dopo pochi anni di legislatura».

«In seguito ho volontariamente rinunciato, per conflitto di interesse con la mia attività di imprenditore, a percepire il trattamento pensionistico che mi spettava, anche come dottore commercialista, pur essendo in attività, ed avendo pagato tasse e contributi dal 1988, ininterrottamente per 24 anni alla cassa dei dottori commercialisti ed alla previdenza della Camera per 18 anni».

Nel contempo ho versato all'erario imposte molto significative, risultando ogni anno tra i primi, se non il primo, contribuente parlamentare per tasse pagate a livello provinciale e regionale. Credo che i privilegi dei parlamentari debbano essere severamente ridotti, ma con regole serie, eque e non demagogiche, che siano condivise tra tutti, non solo tra coloro che hanno la sola colpa di essere stati, come me, eletti per la prima volta in giovane età».

«Queste sono le motivazioni di caratura tecnica, del mio ricorso, scritto per ragioni di principio e non materiali, convinto come sono che le soluzioni ai tagli dei costi della politica debbano essere ricercate senza demagogia spicciola e con il dovuto rispetto per i diritti acquisiti dei singoli».

«Ritengo che tutti debbano essere messi nella condizione di partecipare alla vita politica attiva, non solo le persone abbienti o i meno giovani mentre le riforme sin qui prospettate rischiano di andare nella direzione opposta. L'ondata di antipolitica ha senz'altro ragioni oggettive, ma nel corso della mie legislature in parlamento dal 1994 ad oggi ho conosciuto molte, molte più persone che hanno rinunciato, alla famiglia o al proprio lavoro, per la passione per la politica di quanti ne abbiano tratto indebiti vantaggi».

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