Lega, iniziata la successione
Maroni sembra essere il più forte

Lega Nord the day after: il giorno dopo le dimissioni da segretario federale di Umberto Bossi che hanno scosso il partito, la parola d'ordine è ripartire, riorganizzarsi e ripartire per la «svolta» politica.

Lega Nord the day after: il giorno dopo le dimissioni da segretario federale di Umberto Bossi che hanno scosso il partito, la parola d'ordine è ripartire, riorganizzarsi e ripartire per la «svolta» politica. E l'incontro di venerdì pomeriggio fra Bossi e Roberto Maroni, presenti anche Giancarlo Giorgetti e Roberto Calderoli, ha avuto proprio il doppio obiettivo da un lato di fissare le prossime tappe, e dall'altro di smorzare le polemiche dopo le contestazioni di una decina di leghisti che ieri in via Bellerio aveva attaccato l'ex ministro dell'Interno dandogli del traditore e del giuda.

«Maroni non è Giuda» ha detto venerdì Bossi, ha «solo fatto una specie di corrente, i barbari sognanti, che non penso sia con me ma neppure contro di me». Anche con questa pace al vertice, però, qualche regolamento di conti è già in arrivo.

Dieci componenti su 16 del direttivo provinciale della Lega di Varese, i maroniani, presenteranno la sfiducia al segretario provinciale Maurilio Canton, imposto da Bossi non senza polemiche nei mesi scorsi. Una decisione, annunciata in una lettera a Giorgetti, presa dopo che Canton aveva partecipato alla manifestazione di giovedì davanti a via Bellerio. E Edoardo Rixi, candidato sindaco di Genova, si è dimesso da vicesegretario ligure del Carroccio anche in polemica con il segretario Francesco Bruzzone, reo, a suo dire, di aver portato in Lega Francesco Belsito, l'ex tesoriere ora indagato.

Per tutto il giorno si sono susseguite notizie sulle vicende che coinvolgono anche Rosi Mauro e la famiglia Bossi. La esponente leghista, vice presidente del Senato, si è difesa spiegando di «non essere una traditrice» e criticando la «superficialità» di Belsito. Quindi ha fatto un affondo contro «il processo mediatico» inscenato per «distruggere Bossi».

Intanto, gli apprezzamenti per il passo indietro del «capo» sono arrivati praticamente da tutti, incluso il governatore Luca Zaia che ha chiesto che «si faccia chiarezza. E che chi ha sbagliato paghi». «Si è deciso per un sistema virtuoso - ha aggiunto - sulla trasparenza del bilancio con la certificazione da parte di un ente esterno». Forse per questo al primo punto delle cose da fare Maroni ha inserito la riunione del comitato amministrativo.

«Riprende l'iniziativa politica della Lega, a partire già dalla prossima settimana», ha detto l'ex ministro dopo l'incontro con Bossi, che per un'ora circa si è pensato potesse saltare. Il Senatur ha infatti lasciato via Bellerio poco prima che arrivasse Maroni. Ma si è saputo poi che era andato in chiesa per le celebrazioni del venerdì santo.

Il prossimo appuntamento politico importante sarà martedì prossimo a Bergamo. L'incontro al Palacreberg, che doveva servire a chiedere il congresso federale, si trasformerà in una riunione di orgoglio padano e, come ha spiegato l'europarlamentare Matteo Salvini, in un «abbraccio» a Bossi, che è presidente e non più segretario, ma resta comunque il capo.
Alla riunione autoconvocata dalla base bergamasca, a questo punto, dovrebbe essere presente lo stesso senatur oltre al triunvirato che reggerà la segreteria fino al congresso di inizio ottobre: Roberto Calderoli, Manuela Dal Lago e Roberto Maroni.

E lui, l'ex ministro dell'Interno sembra, al momento, il principale vincitore di questa fase. Prima del congresso federale, entro l'autunno, si terranno i congressi nazionali. In Veneto e in Lombardia sembra scontata la vittoria dei cosiddetti maroniani. C'è però tutta l'estate e le cose possono cambiare.

Bossi stesso - anche se non sembra per ora intenzionato - potrebbe ricandidarsi e l'ex ministro dell'Interno difficilmente andrebbe allo scontro.
Il «capo» per ora non ha sciolto le riserve. «Bossi ancora segretario? - ha detto Manuela Dal Lago -. Non so cosa succederà fra qualche mese. Ma Umberto Bossi, quale sarà il suo ruolo, non può non esserci nella Lega».

Bianca Maria Manfredi (Ansa)

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