Andrea, una lotta contro il tempo
L'«Ecmo» gli ha salvato la vita

Andrea respira finalmente a pieni polmoni, da solo: respira e cresce, mette su peso. Il 18 maggio festeggerà il suo primo anno di vita: ma è ancora troppo piccolo per capire che l'ha scampata bella.

Andrea respira finalmente a pieni polmoni, da solo: respira e cresce, mette su peso. Il 18 maggio festeggerà il suo primo anno di vita: ma è ancora troppo piccolo per capire che l'ha scampata bella. Quest'inverno, a poco più di 6 mesi di vita e meno di 5 chili di peso, è stato collegato, dai medici degli Ospedali Riuniti di Bergamo, a una macchina dal nome stranissimo, Ecmo, una specie di cuore artificiale, ma per i polmoni: serviva a ossigenargli il sangue, perché i suoi piccolissimi organi, colpiti da una gravissima forma di infezione virale, non riuscivano più a farlo da soli.

«Il suo caso è il primo del genere in Italia: non era mai successo che un neonato venisse trasportato già attaccato all'Ecmo: ma non c'era altra strada per salvare Andrea - racconta Luca Lorini, responsabile del Dipartimento di Anestesia e Rianimazione degli Ospedali Riuniti di Bergamo - . Avevamo meno di tre ore di tempo, e non è tanto per dire: Andrea era ormai diventato completamente cianotico e se avessimo scelto di trasportare il piccolo prima ai Riuniti e poi collegarlo all'Ecmo sarebbe servito più tempo, un rischio troppo alto, l'avremmo perso. Abbiamo lavorato come una squadra di tecnici che sistema un bolide in una gara di Formula Uno, sul filo dei secondi. Siamo orgogliosi di avercela fatta. E che oggi Andrea possa vivere».

Questa storia che poteva sfociare in tragedia si può raccontare solo adesso, ora che il piccolo Andrea dopo lunghi, lunghissimi giorni passati collegato a quella macchina è finalmente fuori pericolo. È cominciato tutto quest'inverno: il piccolo Andrea ha la febbre e accusa sintomi che sembrano quelli di una sindrome influenzale, anche se con il trascorrere delle ore respira sempre più con difficoltà. Ha poco più di 6 mesi il piccolo, e i genitori si allarmano da subito: la febbre non accenna a diminuire e le difficoltà respiratorie sono sempre più consistenti.

Andrea viene ricoverato al Policlinico di Milano (il piccolo e i suoi genitori abitano in territorio milanese): i medici fanno l'impossibile per debellare l'infezione che sta minando la funzionalità polmonare del piccolo, ma Andrea, seguito nella Terapia intensiva pediatrica «De Marchi», una delle più quotate d'Italia, peggiora di ora in ora. È determinante, in questo quadro clinico drammatico, la collaborazione tra il Policlinico di Milano e i medici degli Ospedali Riuniti.

«Quando un paziente, anche piccolo come Andrea, mostra vistose difficoltà respiratorie si interviene aiutando i polmoni: il malato viene intubato e con una ventilazione artificiale si "liberano" gli organi dall'impegno di dover ossigenare il sangue: ma per il piccolo Andrea, purtroppo, anche la ventilazione artificiale non aveva funzionato. C'era solo una possibilità per mantenerlo in vita - continua Lorini -. Ed era quella di collegarlo all'Ecmo».

«Un macchinario che funziona proprio come il cuore artificiale, ma è per i polmoni: in sostanza ossigena il sangue al posto degli organi che non sono più in grado di farlo, permettendo così ai medici di curarli, mentre l'organismo del paziente non va comunque in carenza di ossigeno. E già dalla comparsa della sindrome influenzale H1N1 il ministero della Salute aveva individuato gli Ospedali Riuniti come centro di riferimento nazionale per l'Ecmo pediatrico. Per questo il Policlinico si è rivolto ai Riuniti. La collaborazione in questo caso per Andrea è stata determinante».

Lanciato l'Sos, da Largo Barozzi è partita una task force alla volta del Policlinico di Milano: due autoambulanze attrezzate in pratica come una rianimazione, oltre a Lorini c'erano il cardiochirurgo Lorenzo Galletti, responsabile del Centro chirurgia cardiopatie congenite, un altro anestesista, un perfusionista, due infermieri.

«L'applicazione dell'Ecmo a un paziente così piccolo è una operazione estremamente delicata e complessa: la presenza del cardiochirurgo è fondamentale, si sappia che in un piccolo come Andrea, che pesava 5 chili ed era lungo poco più di 50 centimetri, la vena a cui applicare la cannula di collegamento dell'Ecmo è grande più o meno come un terzo del suo mignolo – illustra Lorini – . Ancora più complesso è il trasporto di un piccolo attaccato all'Ecmo, ma non c'erano altre possibilità, con Andrea: per questo siamo orgogliosi di essere riusciti, con la fondamentale collaborazione dei colleghi del Policlinico, in questa impresa che davvero non ha precedenti in Italia».

Una volta arrivato agli Ospedali Riuniti, il piccolo è rimasto collegato per due settimane alla speciale apparecchiatura, ricoverato in Terapia intensiva pediatrica, mentre i medici «aggredivano» con terapie farmacologiche la gravissima infezione che aveva colpito i suoi polmoni; e per un altro mese il piccolo è rimasto in Terapia intensiva. Guadagnando fiato e ossigeno di giorno in giorno. Poi, i segni tangibili della guarigione. «Ora deve sottoporsi a controlli periodici - conclude Lorini -. Cosa ha messo ko i suoi polmoni? Una grave infezione, ma individuare quale ceppo virale è praticamente impossibile. L'importante è che Andrea sia qui. Respira, e cresce».

Carmen Tancredi

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