Co2: etichetta sui prodotti alimentari
spiegherà quanto ne viene prodotta

Un'etichetta per spiegare in modo sintetico, ma scientifico, quanta Co2 emette un prodotto durante il suo ciclo di vita. È questo l'obiettivo del progetto «Per il clima», di cui, dopo un anno di sperimentazione, oggi si sono tirate le fila.

Un'etichetta per spiegare in modo sintetico, ma scientifico, quanta Co2 emette un prodotto durante il suo ciclo di vita. È questo l'obiettivo del progetto «Per il clima», di cui, dopo un anno di sperimentazione, oggi si sono tirate le fila.

Ne hanno parlato nella mattinata di lunedì 16 aprile, in una conferenza stampa, l'assessore regionale all'Ambiente, Energia e Reti Marcello Raimondi, il vicedirettore di Legambiente Andrea Poggio e alcuni rappresentanti di Ambiente Italia e delle aziende che hanno partecipato alla sperimentazione.

LE ETICHETTE - Sulle confezioni di alcuni prodotti della Pomì (Consorzio casalasco del pomodoro), Sma-Auchan, Palm, Npt, Agricola Perini, Agricola il Campagnino sono state apposte le etichette che riportano la quantità di anidride carbonica emessa durante il ciclo di produzione, distribuzione e commercializzazione, uso e smaltimento.

In pratica viene monitorata tutta la «vita» del prodotto: dalla coltivazione o estrazione delle materie prime, al trasporto e al costo in termini ambientali del rifiuto finale. Attraverso il monitoraggio di AmbienteItalia il consumatore scopre così che un chilo di passata di pomodoro Pomì produce nel suo ciclo di vita 650 grammi di CO2; una latta di 16 kg di colla ecologica per parquet Npt 49,1 kg; un green pallet di legno di abete di 16,35 kg 5,56; 560 gr di cracker non salato ne immettono 106 gr. E ancora il ciclo di vita di un melone da 1 kg produce 206 gr; la stampa di una pagina con stampante inkjet 0,13 gr, con una laser 1 grammo e 69. E anche a tavola le scoperte non mancano: il menù vegetariano per una persona produce 1 chilo circa di C02 e quello di carne supera gli 8 chili di emissioni nel suo ciclo di vita.

SOSTENIBILITÀ È RESPONSABILITÀ - «Il consumatore in questo modo - ha detto Raimondi - ha un'informazione chiara, ma scientificamente corretta, riguardo agli impatti ambientali di un prodotto, e può liberamente orientare le proprie scelte verso quelli a minor consumo di energia e quindi con più ridotti effetti sul cambiamento climatico. Lo scopo è perciò quello di agire non solo sul lato del miglioramento dei modelli di produzione ma anche su quello del consumo informato e consapevole: in altre parole aiutare il consumatore a scegliere meglio».

«Il circolo è a somma positiva ed è virtuoso - ha continuato l'assessore -, l'azienda è stimolata a una produzione sostenibile, il consumatore la premia con l'acquisto consapevole, e ne guadagniamo tutti con un ambiente più sano». Ecco dunque perché sostenibilità è sinonimo di responsabilità.

MARCHIO NAZIONALE DI PRODOTTO AMBIENTALE - Regione Lombardia non si ferma qui. Raimondi ha infatti annunciato l'adesione al Protocollo di Intesa con il Ministero dell'Ambiente e con quello dello Sviluppo Economico per applicare un marchio nazionale di prodotto ambientale a intere filiere e distretti produttivi, così significativi per la nostra economia. Si tratta di un'iniziativa ideata e promossa dalle regioni aderenti alla Rete Cartesio, per certificare a livello «ambientale» i prodotti tipici di Distretti, quali ad esempio quello del mobile o del tessile, o anche una filiera agroalimentare.

«Sarebbe un risultato significativo - ha spiegato - per valorizzare l'eccellenza ambientale dei prodotti che caratterizzarono i sistemi produttivi locali e che ci porta al livello delle altre nazioni europee che già possiedono un marchio nazionale di prodotto ambientale. È un'altra azione anti-smog della Regione, in questo caso insieme ad aziende e a Legambiente. Anche da questi piccoli segnali capiamo che un cambio di mentalità è possibile: noi faremo la nostra parte».

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