Alpini, da Rovetta all'Australia
ma a 95 anni torna per l'adunata

Bortolo Benzoni, classe 1916, è tornato dall'Australia al suo paese natale (San Lorenzo di Rovetta) per poter partecipare all'Adunata nazionale degli alpini di domenica a Bolzano. Arruolato nell'Edolo del 5° Alpini, Benzoni era stato inviato a combattere in Spagna durante la guerra civile.

Bortolo Benzoni, classe 1916, è tornato dall'Australia al suo paese natale (San Lorenzo di Rovetta) per poter partecipare all'Adunata nazionale degli alpini di domenica a Bolzano. Arruolato nell'Edolo del 5° Alpini, Benzoni era stato inviato a combattere in Spagna durante la guerra civile (1936-1939), ma la nave che portava equipaggiamento e armi – i soldati dovevano viaggiare in incognito e in abiti civili su un'altra nave – si frantumò su una scogliera durante una tempesta, e così tutto si risolse con il rientro in Italia nel giro di poche settimane. Ma poi, Benzoni, la guerra vera la provò fino in fondo, nel corso del secondo conflitto mondiale: sul fronte occidentale e su quello greco.

Qui rimase ferito e fu catturato dai greci, cominciando così la sua avventura Pow (prigioniero di guerra): Creta, Egitto e infine Australia. I prigionieri furono dapprima tenuti prigionieri in una caverna e trasferiti di notte, prima a piedi e poi su un camion fino alla costa. Consegnati agli inglesi, furono imbarcati e portati sull'isola di Creta dove vissero sotto delle tende. «C'era poca acqua – ricorda – e per di più sporca, incominciava già a scoppiare qualche malattia. E intanto i tedeschi continuavano a bombardare il porto... Un inferno».

Il 19 maggio 1941, alle otto di sera, 500 dei circa 2.000 prigionieri furono imbarcati su una nave superstite. Tra questi c'era Bortolo Benzoni. Ammucchiati nella stiva, erano terrorizzati. Dal cielo cadevano bombe, sul mare c'era il rischio di diventare bersaglio dei sommergibili: «La paura era tanta. Non avremmo avuto scampo, non c'erano scialuppe né salvagenti». Proprio il giorno dopo, alle quattro del mattino, ebbe inizio la battaglia di Creta, con il lancio di paracadutisti tedeschi che occuparono l'isola, liberando gli altri prigionieri italiani.

Sbarcati ad Alessandria d'Egitto, Bortolo e i suoi compagni furono portati all'interno, nel deserto. «Siamo rimasti nello stesso campo per cinque mesi, sotto dei tendoni: dovevamo scavare delle buche per abbassare un po' la temperatura, il cibo era poco e scadente». Il fronte africano si avvicinava, e migliaia di prigionieri vennero smistati nelle varie colonie inglesi: Sud Africa, India, Australia.

A Bortolo toccò l'Australia, in un campo di prigionia nelle vicinanze di Melbourne. Figlio di contadini, lui sapeva mungere e perciò tutti i giorni, mattina e sera, usciva dal campo con altri prigionieri per mungere le numerose mucche di una grande fattoria. Ebbe modo d'imparare l'inglese e farsi apprezzare per le sue capacità e laboriosità. Al termine della guerra scarseggiavano le navi per fare rimpatriare i prigionieri e Bortolo poté rientrare in Italia solo nel gennaio 1947. A Rovetta però mancava il lavoro, e Bortolo prese le valigie e partì di nuovo: prima a costruire moli nel porto di Genova, e poi in Svizzera.

Ma la terra australiana l'aveva «stregato», e poi c'era il proprietario della fattoria, dove aveva lavorato, che gli scriveva: «Qui il lavoro per te c'è sempre». Andare in Australia, come ripete ancora adesso, «non è il viaggio dell'orto», ma alla fine si decise. Sposò una ragazza del paese e nel 1949 riprese le valigie e tornò a Melbourne. Con il tempo si è fatto una sua fattoria, e ha avuto tre figlie: due sposate con australiani e una con Adriano, che la conobbe durante una sua visita in Italia e, 35 anni fa, decise di raggiungerla e sposarla.

Bortolo torna in Italia ogni due o tre anni, per partecipare all'Adunata degli alpini, che compiono anche questi miracoli. Dice che quella di Bolzano sarà l'ultima Adunata, che non rivedrà più la sua terra, il fratello Luigi, le sorelle, i parenti e gli amici alpini bergamaschi: «Ormai sono 96 a settembre, e gli anni pesano». Ma non c'è da credergli: diceva così anche due anni fa, a Bergamo. E invece domenica sfilerà ancora a Bolzano, dietro il vessillo della Sezione di Melbourne. Orgoglioso del suo cappello con la penna nera.

Luigi Furia

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