Sono degli sms a luci rosse
l'alibi dell'ultrà «picchiatore»

L'alibi dell'ultrà accusato di aver picchiato un tifoso juventino? Potrebbe passare dalla serie di sms a luci rosse che s'è scambiato con un'amica. Insomma, in quel momento - secondo la difesa - avrebbe avuto di meglio da fare.

L'alibi dell'ultrà accusato di aver picchiato un tifoso juventino? Potrebbe passare dalla serie di sms a luci rosse che s'è scambiato con un'amica.
Insomma, in quel momento - secondo la difesa - avrebbe avuto di meglio da fare che imperversare per il centro città a sferrare cinghiate ai sostenitori bianconeri che stavano festeggiando lo scudetto.

Giovedì l'avvocato Federico Riva ha prodotto i testi del «messaggini» al tribunale del riesame a cui s'è rivolto per il dissequestro del materiale (tre giubbetti, un paio di pantaloni, un paio di scarpe da ginnastica e due cinture) requisito a J. L. B., il ventisettenne di Villa d'Almè, volto noto della Curva Nord che tra l'altro il 18 novembre 2006 era stato accoltellato da teppisti juventini giunti a Bergamo per la partita contro l'Albinoleffe.

Secondo gli inquirenti sarebbe stato lui a ferire (8 giorni di prognosi) - col supporto «morale» di un altro ultrà in via di identificazione - Francesco Mazzola, operaio quarantenne di Dalmine che, poco dopo la mezzanotte di domenica 6 maggio, è stato aggredito e derubato della sciarpa bianconera in piazza Vittorio Veneto. Per questo motivo J. L. B. è stato denunciato per lesioni aggravate e rapina.

Ma, sostiene il ventisettenne, quella sera era da tutt'altra parte: prima in un bar di Villa d'Almé e poi a casa, impegnato a scambiarsi sms hot con un'amica.

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