Si finge clochard alle Autolinee
Una notte tra gli spacciatori

«Due giorni senza lavarmi, vestiti sporchi e scarpe scalcagnate. Essere come loro, gli ultimi, per un giorno e una notte, solo così era possibile raccontare. Cammino verso la stazione, nel piazzale degli Alpini. Sono entrato in un mondo parallelo, senza futuro».

«Due giorni senza lavarmi, vestiti sporchi e scarpe scalcagnate. Essere come loro, gli ultimi, per un giorno e una notte, solo così era possibile raccontare. Sono arrivato a Bergamo nel tardo pomeriggio. Automobilisti imbottigliati nel traffico e pedoni frenetici vogliono rientrare a casa dopo il lavoro. Chiedo monetine in Porta Nuova, ne rimedio alcune in pochi minuti».

Inizia così il racconto che un collaboratore de L'Eco di Bergamo fa della propria esperienza di clochard per un giorno tra il piazzale degli Alpini, la stazione delle Autolinee e quella dei treni.

Cammino verso la stazione, nel piazzale degli Alpini si sente la musica. In attesa di Spagna-Portogallo al chiosco allestito per gli Europei c'è già un viavai di giovani per l'aperitivo, sul maxischermo scorrono le parole del karaoke. Arrivano anche le famiglie coi bambini, la serata comincia a colorarsi. All'ingresso due pattuglie della polizia mi squadrano, sono davvero trasandato. Faccio qualche passo e raggiungo i giardini pubblici, mi sdraio sull'asciugamano che ho nelle zaino. Sono entrato in un mondo parallelo, senza futuro. Un eterno presente in bianco e nero scandito dalla disperazione. Vedo coperte abbandonate di fronte alla scuola Vittorio Emanuele, alcuni militari in mimetica, accompagnati da un poliziotto pattugliano la zona. Due ragazzi poco lontano si parlano, uno se ne va e l'altro si siede. Mentre al karaoke si canta «Is this love» di Bob Marley, il giovane accovacciato stringe coi denti il laccio emostatico e si buca. Non avrà nemmeno 25 anni. Aspetto un po' e mi avvicino. Mi presento e gli racconto che sono in strada solo da una decina di giorni, ho fame, non ho soldi e non so dove passare la notte. Gli spiego che ho grossi problemi di droga e la mia famiglia dopo anni di pazienza mi ha sbattuto fuori casa. I suoi occhi azzurri per un attimo si riaccendono, mentre gli parlo è come se rivedesse il suo stesso film.

Il «cavallino» «Mi chiamo Paolo (nome d'invenzione, ndr) - dice - vivo in strada per scelta da quasi un anno. Stai tranquillo che a farti mangiare ci penso io. Quelli di don Fausto lo portano al gabbiotto alle nove». Indossa jeans stretti, una camicia a quadri e scarpe Adidas. Se non fosse per le gocce di sangue sulla camicia e i lividi sulle braccia non sembrerebbe un tossico. «Se vuoi puoi dormire a casa mia - continua - alla stazione ho un posto al coperto. La polizia mi lascia stare lì, sanno che non rompo le scatole a nessuno. Per i vestiti, domani ti accompagno alla Caritas. Ti porto anche a fare una doccia. Siamo italiani, se non ci aiutiamo tra di noi è un macello». Un giovane passeggia sul vialetto che porta alla stazione delle autolinee, poi devia sul prato e si avvicina. Parlotta con Paolo, che si alza e sfiora una siepe con un gesto fulmineo. Torna con in mano una pallina e la consegna al ragazzo, svelto se l'è già infilata negli slip.

Droga tagliata male Ci sono sbirri dappertutto - farfuglia -. Ora vado a casa e mi faccio una pera tranquillo in camera, metto un po' di musica e passo la serata. Oh! È buona la roba? Perché ho sentito che è arrivata una partita tagliata con l'antrace e mica voglio rimanerci secco eh!!!». Paolo lo tranquillizza e il tipo se ne va. In pochi minuti ne ha già serviti una decina. La tecnica è sempre quella. Sguardo al nordafricano seduto nei paraggi, cenno veloce e via verso un albero, sotto una siepe, accanto a un marciapiede. La droga è sparpagliata ovunque. «Quello è il mio pusher - spiega Paolo - ogni cliente che faccio con la coca mi guadagno 20 euro. Una pallina la pago 40 e la rivendo a 60. La roba invece costa meno, circa 30 euro. Adesso con sta storia dell'antrace è un casino, hanno tutti paura. Ma la roba buona c'è. Qui devi conoscere i tipi giusti, altrimenti se sei sprovveduto ti rifilano terra, carta o schifezze inutili al posto della droga. Se torni a lamentarti, minimo ti becchi un paio di schiaffoni. Comunque se vuoi c'è posto anche per te, qui ragazzi che vendono ne servono sempre. Se mi trovi clienti in giro ti do 5 euro a pallina. Io guadagno 100-120 euro al giorno, ma li spendo quasi tutti per la droga. Adesso andiamo a mangiare, altrimenti poi è troppo tardi». Paolo è un cosiddetto «cavallino». Schiavo della droga vende per farsi, si è guadagnato la fiducia dei pusher che sorvegliano l'area e incassano senza sporcarsi le mani. A portare i cash ci pensa lui.

Il pasto caldo Sono le 21,30, al container del servizio Esodo alla stazione delle autolinee i volontari distribuiscono pasti caldi. Ci danno pasta al pesto, cotoletta, due panini e una bottiglietta d'acqua. Tutto incartato in vaschette singole d'alluminio. Torniamo ai giardini. «Si mangia bene - dice Paolo - un pasto al giorno è garantito. Vedi che anche se vivi in strada nessuno è sporco o vestito male. Alla Caritas danno abiti puliti ogni giorno». Sghignazza, si accende una sigaretta e prepara il kit per farsi ancora. I clienti comprano e se ne vanno a ritmo incessante. I carabinieri passano in auto senza fermarsi, la polizia e l'esercito lasciano la zona del chiosco poco dopo la fine della partita. Il supermarket della droga invece non chiude mai, l'atmosfera nel piazzale degli Alpini è sempre più angosciante. Qualcuno vomita, altri troppo fatti si accasciano. C'è chi beve e sbraita. Qui la speranza non esiste. Nel giardino della disperazione si entra col biglietto di sola andata.

Giovanni Merla

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