Le indagini sul delitto di Yara
Il pm chiede l'ultima proroga

L'indagine sull'omicidio di Yara Gambirasio entra nell'imbuto degli ultimi sei mesi, dal quale dovrà sgocciolare la richiesta di processo per il presunto colpevole (che ora come ora non c'è) o l'archiviazione. Il pm Ruggeri ha chiesto l'unica proroga a disposizione.

L'indagine sull'omicidio di Yara Gambirasio entra nell'imbuto degli ultimi sei mesi, dal quale dovrà sgocciolare la richiesta di processo per il presunto colpevole (che ora come ora non c'è) o l'archiviazione. Nei giorni scorsi il pm Letizia Ruggeri ha chiesto l'unica proroga ancora a disposizione per un'inchiesta affidata ormai quasi esclusivamente alle eliche del Dna e ai microscopi del Ris. Il gip Ezia Maccora ha ricevuto l'istanza e ha attivato l'istruttoria, ma è pressoché scontato che il supplemento d'indagine sarà concesso.

Stop fra sei mesi Per arrivare all'assassino gli inquirenti avranno tempo fino ai primi mesi del 2013. Con l'adrenalina fatalmente calata rispetto ai primi periodi e una vaga eco di conto alla rovescia in sottofondo, non sarà facile lavorare. Anche se il sipario su questo giallo potrà sempre essere rialzato, nel caso ci si imbattesse in indizi pregnanti. Facile che nei laboratori di Parma si prosegua ad analizzare la gigantesca mole di profili genetici campionati: è da lì, da quella sorta di lotteria fatta di tamponi salivari incrociati con celle telefoniche, che ci si aspetta venga sputato il nome dell'omicida. Il suo Dna è stato isolato, ma finora i raffronti non hanno dato gli esiti sperati. Le somiglianze a livello cromosomico hanno portato polizia e carabinieri a Gorno: s'inseguiva la speranza di bussare alla porta del mostro, ci si è dovuti accontentare dell'ipotesi letteraria di un figlio illegittimo, un familiare disconosciuto da qualche abitante della Valle del Riso e titolare di un passaporto genetico coincidente con quello di chi ha ucciso la tredicenne di Brembate Sopra.

La posizione di Fikri L'altro appiglio (ma più flebile) di questa inchiesta è Mohammed Fikri, il marocchino che la sera della scomparsa di Yara (26 novembre 2010) stava lavorando nel cantiere di Mapello a cui avevano poi condotto i cani molecolari degli investigatori, finito in manette e scarcerato con tante scuse dopo che una sua intercettazione telefonica era stata male interpretata. Non è l'assassino, i raffronti genetici lo escludono. Il pm Ruggeri ha chiesto che la sua posizione venga archiviata, ma il gip Maccora ha prima preteso che alla richiesta venissero allegate altre carte ed è ora da mesi in riserva sulla decisione. In effetti, continua a sostenere qualche inquirente, Fikri avrebbe ancora qualcosa da chiarire (magari in tema di presunto favoreggiamento), prima di essere consegnato all'oblìo giudiziario.

Il grande ripasso La scorsa settimana sono stati risentiti i genitori di Yara. Il pm e i carabinieri del Ros hanno insistito nuovamente sulle abitudini della ragazzina, riproponendo i quesiti delle prime ore. L'impressione è che sia iniziato un grande ripasso, con gli investigatori intenti a ripercorrere gli stessi passi nella speranza di imbattersi in elementi finora trascurati. L'impegno e la passione profusi da chi sta indagando da più di un anno e mezzo non sono in discussione, e a volte sono parsi persino commoventi. L'augurio è quello di essere smentiti, ma l'immagine che hanno sin qui evocato l'inchiesta e tutto quelli che vi partecipano è, purtroppo, quella del criceto nella ruota. Che corre e corre, e però resta sempre nello stesso punto.

Stefano Serpellini

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