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«Referendum per tagliare gli stipendi d'oro dei parlamentari». Il tam-tam su internet ha fatto «lievitare» negli ultimi giorni le persone che si sono recate in Comune per firmare. È dal 31 maggio che si può sottoscrivere la richiesta di referendum.

«Referendum per tagliare gli stipendi d'oro dei parlamentari». Il tam-tam su internet ha fatto «lievitare» negli ultimi giorni le persone che si sono recate in Comune per firmare. È dal 31 maggio che si può sottoscrivere la richiesta di referendum proposta da «Unione popolare, liberi e forti» (un movimento politico, nato da circa un anno e mezzo, che dice di «riconoscersi in Sturzo e De Gasperi, d'ispirazione moderata e centrista»).

E di recente la voce della rete, unita alla notizia diffusa da alcuni tg, ha fatto sentire la sua forza: solo nella mattinata di lunedì 16 luglio, all'Urp (Ufficio relazioni col pubblico) di Palazzo Frizzoni, sono state depositate 125 firme. Il numero è in costante aumento (solo venerdì i firmatari sono stati 118). L'obiettivo dei promotori è l'abrogazione parziale della legge per le indennità parlamentari. Nello specifico, l'articolo 2 della legge 31 ottobre 1965, dove si prevede per i membri del Parlamento una diaria come rimborso delle spese di soggiorno a Roma.

La notizia comunque, sul sito del Comune, è stata pubblicata dal primo giugno. Negli ultimi due giorni di apertura degli uffici, si è registrata un'impennata di firmatari. Molti hanno appreso la notizia su internet, altri dai tg. Ma tutti sono stati spinti dalla volontà di «condividere» i sacrifici chiesti da Roma con i propri parlamentari. Sul social network più frequentato, la pagina «Up firma per abrogare gli stipendi d'oro dei deputati» ha superato i 25 mila iscritti. E non mancano i bergamaschi.

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