Francesco Dettori ha firmato:
ora è il procuratore di Bergamo

Con la cerimonia della firma si è insediato al Tribunale di Bergamo il nuovo procuratore della Repubblica di Bergamo, Francesco Dettori. Settant'anni, era stato nominato a febbraio dopo che il plenum del Csm ha approvato la proposta della commissione incarichi.

Con la cerimonia della firma si è insediato al Tribunale di Bergamo il nuovo procuratore della Repubblica di Bergamo, Francesco Dettori. Settant'anni, era stato nominato a febbraio dopo che il plenum del Csm ha approvato - con 18 voti su 26 - la proposta della commissione che si occupa degli incarichi.

Dal maggio 2005 era a capo della Procura di Busto Arsizio, dove è rimasto per i tempi tecnici che servivano per il suo trasferimento nel palazzo di Piazza Dante. Il neoprocuratore ha firmato di fronte al presidente del Tribunale, Siniscalchi: una cerimonia breve ma che ha segnato il cambio di un'era.

Dettori infatti sostituisce Adriano Galizzi, che è andato in pensione nel dicembre 2010. La poltrona di capo della Procura di Bergamo è rimasta vuota per più di un anno perché il Csm ha dovuto esaminare parecchie richieste per sedi vacanti, spesso intrecciate fra di loro.            

La sua fama di galantuomo e gran lavoratore lo aveva preceduto: a Bergamo trova una situazione che, soprattutto quanto a piante organiche, lascia a desiderare.

Vi riproponiamo l'intervista che L'Eco di Bergamo aveva fatto a febbraio a Francesco Dettori

Dottore, qui ultimamente ci si è sempre lamentati delle carenze di personale.
«Per me è un fatto ordinario il personale in difetto. Non arrivo da un'isola felice. A Busto l'organico prevede otto magistrati, ma attualmente sono sei».

Beh, due in meno: neanche tanti.
«Insomma. Rappresentano il 25%».

E il personale amministrativo?
«Anche lì c'è stata una riduzione. Da 37 siamo passati a 34».

È dura, vero?
«Ma no. A Busto Arsizio stiamo lavorando bene grazie a una convenzione con la Provincia di Varese che ci ha fornito 5 cassintegrati. Cinque persone molto brave che ci hanno dato una grossa mano e che sono state confermate per altri sei mesi. Se non c'è già un progetto anche da voi (c'è, insieme a una polemica politica, ndr), chiederò alla Provincia di Bergamo di fare la stessa cosa».

Non crede sia più una soluzione tampone?
«Sì, ma se la situazione generale non concede alternative, si possono sfruttare questi palliativi per sanare delle sofferenze e restituire maggiore efficienza a determinati settori. L'arretrato, ad esempio, che quando sono arrivato (maggio 2005, ndr) risaliva a decenni addietro e che, col tempo e l'organizzazione, siamo riusciti a ridurre sensibilmente».

Perché ha scelto Bergamo?
«Perché è una sede importante e di un certo prestigio. È medio-grande e ha il doppio di magistrati di Busto Arsizio. Mi sembrava un progresso. Avessi dovuto scegliere una realtà piccola come quella in cui sto, sarei rimasto a Busto Arsizio».

Terra di infiltrazioni mafiose, quella attorno all'aeroporto di Malpensa. Qui da noi invece poca roba e qualche malumore tra i pm dopo che un gip su un giornale s'è fatto una domanda insidiosa: possibile che in tutta la Lombardia si registri la presenza di organizzazioni malavitose tranne che a Bergamo?

«Non conosco ancora la realtà bergamasca. Io, ad esempio, prima di giungere a Busto Arsizio mai mi sarei immaginato che ci fossero infiltrazioni mafiose. E invece erano in corso già processi contro ramificazioni di cosche calabresi di alto livello. Purtroppo bisogna rendersi conto che la criminalità organizzata tende a insediarsi laddove c'è l'occasione di fare profitti illeciti. Devo però dire che non è sempre facile dimostrarlo. Detto questo, mi auguro che Bergamo sia davvero immune da questo fenomeno. Il che non vorrebbe dire stare tranquilli: contro le mafie l'attenzione deve sempre rimanere alta».

Dall'aeroporto di Malpensa a quello di Orio al Serio. Sarà un po' come sentirsi a casa per lei, no?
«Lo scalo di Malpensa rappresentava il 50-60 per cento del nostro lavoro. Traffico di droga, principalmente. Poi, immigrazione e tratta di clandestini, contraffazione, contrabbando, furti».

A Orio c'è il fenomeno degli «ovulatori», gente che sbarca imbottita di ovuli di droga ingeriti prima dell'imbarco.
«Il problema è che questa gente per espellere la sostanza stupefacente deve essere portata in ospedale. Operazione che richiede impiego di personale per l'accompagnamento e che costringe a un'umiliante promiscuità fra donne e uomini. A Malpensa abbiamo creato cinque camere di detenzione con apparecchiature mediche per il lavaggio automatizzato. Di modo che gli ovuli espulsi non siano poi trattati manualmente dalle forze dell'ordine. Più igienico e sicuro. Si potrebbe fare anche a Orio».

Altre idee che si porterà dietro?
«A Busto Arsizio ho creato una struttura all'interno della polizia giudiziaria specializzata nei reati ambientali e nella sicurezza sui luoghi di lavoro. In un territorio altamente urbanizzato ed economicamente sviluppato come la Lombardia, credo che tutela ambientale e dei luoghi di lavoro siano di fondamentale importanza».

A Bergamo si troverà anche il caso Yara, la ragazzina rapita e uccisa nel novembre 2010. L'assassino non è ancora stato catturato e più di una critica è piovuta sul modo di agire della Procura. L'aspetta una bella gatta da pelare.
«Verrò e vedrò. È un caso che per ora conosco solo attraverso i mass media e dunque sarebbe privo di senso rilasciare dichiarazioni in questo momento».

In assenza dell'omicida, il processo mediatico pare si stia celebrando contro gli inquirenti.
«Rispetto il lavoro della stampa, perché in democrazia ha un ruolo fondamentale. Ma pure il lavoro dei magistrati è altrettanto importante».

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