De Tomaso, il mediatore si difende
«Quella polizza? La credevo vera»

«Quella polizza fideiussoria falsa? Io la credevo autentica: fu approvata anche dal ministero». Si difende da tutte le accuse Christian Limonta, 37 anni, il mediatore finanziario di Verdello (domiciliato a Dalmine) finito in carcere nell'ambito del caso De Tomaso.

«Quella polizza fideiussoria falsa? Io la credevo autentica: fu approvata anche dal ministero». Si difende da tutte le accuse Christian Limonta, 37 anni, il mediatore finanziario di Verdello (domiciliato a Dalmine) finito in carcere nell'ambito del caso De Tomaso, la storica casa produttrice di auto di lusso.

Gli inquirenti attribuiscono al bergamasco un ruolo nella presunta truffa ai danni dello Stato da 7,5 milioni di euro, che ha portato all'arresto anche del top manager Gian Mario Rossignolo. Limonta, che tramite il suo avvocato, Alessia Sorgato, aveva chiesto di essere sentito dagli inquirenti per chiarire la sua posizione, per ben quattro ore venerdì 20 luglio ha risposto alle domande dei pm di Torino.

Al centro della vicenda giudiziaria figura la De Tomaso, dichiarata fallita dal Tribunale di Livorno, che aveva acquisito lo stabilimento ex Pininfarina di Grugliasco (Torino). L'indagine riguarda i finanziamenti stanziati dal ministero del Lavoro per avviare corsi di formazione del personale. I corsi non sono mai partiti e le somme - stando alle accuse - sarebbero state dirottate nelle tasche di manager, consulenti e proprietà.

Secondo le accuse, Limonta avrebbe ricoperto un ruolo di primo piano. Sarebbe stato infatti lui, per gli inquirenti, a procurare alla De Tomaso la polizza fideiussoria necessaria per ottenere il finanziamento ministeriale. Una polizza stipulata all'apparenza con una società esistente, la Confidi Mutual Credito di Pescara. Ma gli accertamenti hanno dimostrato che il documento è falso e che la Confidi non ne sapeva nulla.

Non truffatore, ma vittima di un inganno ordito da qualcun altro. Questa la difesa di Limonta davanti ai pm. «A quella polizza - illustra il suo avvocato, Alessia Sorgato - lavorarono diversi professionisti. Il mio cliente non la ebbe direttamente, la riteneva vera e non aveva motivo di dubitare».

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