La partoanalgesia? È gratuita
A volte, però, c'è da pagare!

Non è piacevole pagare una prestazione che invece dovrebbe essere gratuita. È quanto è successo a una futura mamma che ha scritto ai «Riuniti» per raccontare quanto le è successo nel richiedere l'epidurale.

Non è piacevole pagare una prestazione che invece dovrebbe essere gratuita. È quanto è successo a una futura mamma bergamasca, Erika Previtali, che ha scritto agli Ospedali Riuniti di Bergamo e alla Direzione Sanità della Regione per raccontare quanto le è successo nel richiedere l'epidurale, ovvero l'anestesia contro i dolori del parto.

Chiama alla 27ª settimana per porenotare la visita con l'anestesita, ma scopre che non può prenotare prima della 30ª. Quando richiama alla 30ª si sente dire che non c'è più posto fino a settembre (ma a quella data avrebbe già partorito) e che dovrebbe prenotare la visita in un'altro ospedale (ma la visita effettuata con l'anestesista di un altro ospedale non sarebbe stata ritenuta valida al momento del parto).

L'unica alternativa era prenotare la visita con l'anestesista ma in libera professione, ossia a pagamento - 150 euro - e qui erano disponibili tutte le date che la furura mamma voleva. Perchè? Problemi di fondi che non bastano per tutti, si sente dire.

L'Azienda ospedaliera Riuniti, alla lettera di Erika risponde evidenziando che «la visita si può prenotare dalla 30 settimana proprio per ridurre le prenotazioni a vuoto. Prenotarla prima significherebbe riservare un posto anche a chi statisticamente poi non se ne avvarrebbe, per controindicazioni alla partoanalgesia emerse nella gravidanza o per altri motivi».

Su questo servizio i Riuniti dicono «di investire molto, con risultati che pongono Bergamo a livello degli Stati Uniti, con il 42% dei parti senza dolore nel 2011, contro il 6% come media italiana. Gli anestesisti sono disponibili in orario di servizio per un certo numero di visite preparto. In aggiunta svolgono altre visite di cui l'Azienda si fa carico con fondi aggiuntivi: vengono evase gratuitamente circa i due terzi delle richieste, oltre 800. Circa 400 donne che non trovano posto, anche perché la richiesta non ha cadenze regolari nel tempo, scelgono di rivolgersi alla libera professione».

Per i fondi, i Riuniti sottolineano che «l'impiego deve essere bilanciato anche rispetto ad altre esigenze».

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