«Noi Cristian lo curiamo a casa
E rifaremmo questa difficile scelta»

Rifarebbe questa scelta? «Senza alcun dubbio. La vita val sempre la pena di essere vissuta, anche se non possiamo sceglierla noi. Si vede che il suo ruolo era questo: darci la forza per continuare ad andare avanti tutti insieme». Si chiudeva così l'intervista che il 23 febbraio del 2007 L'Eco di Bergamo aveva fatto ai genitori di Cristian Locatelli all'interno di un ampio servizio sull'assistenza agli stati vegetativi nella nostra provincia.

Un esempio - quello della famiglia Locatelli - che aveva toccato il cuore di molti. Ecco quello che «L'Eco» pubblicò quel giorno:

L'altro giorno, per la prima volta da quasi quattro anni e mezzo, si è  girato sul fianco da solo. Ogni tanto sposta le coperte quando ha caldo, oppure si ritrae infastidito da chi lo vuol baciare a tutti i costi. Talvolta ride sommessamente, e non a caso. «I medici dicono di non illudersi, ma io sono convinta che capisce quello che gli accade attorno, e spero che un giorno lo dimostrerà a tutti». Mamma Rosa - Rosa Perico Locatelli, 48 anni, un po' di acciacchi sulle spalle, anche pesanti - è al fianco del figlio Cristian dal settembre di cinque anni fa, quando un incidente stradale lo ha trasformato in un paziente in stato vegetativo, senza alcuna autonomia.  A soli 22 anni.

Ma mamma Rosa e papà Emilio non si sono dati per vinti, e dopo undici mesi trascorsi tra ospedali e istituti di riabilitazione, hanno scelto la strada più difficile, la più faticosa, la più impegnativa: riportarsi a casa Cristian, nella loro villetta alla Piana di Mapello, per accudirlo da soli. Scelta coraggiosa, forse incosciente, ma ricca di soddisfazioni.

Le speranze e i sogni di Cristian si interrompono di colpo verso le 13.30 del 27 settembre 2002, nei pressi di Solza, poco distante da casa, quando in sella al suo scooter, di ritorno dal lavoro (fresatore a Calusco) viene investito da un fuoristrada che attraversa inaspettatamente un incrocio. Sul tavolo operatorio della Neurochirurgia degli Ospedali Riuniti arriva in coma per un gravissimo trauma cranico che lo costringe a lottare tra la vita e la morte per alcuni giorni.
I medici non danno grandi speranze, ma lui non molla, e alla fine si stabilizza. Il verdetto finale è drammatico - stato vegetativo senza ritorno - ma Cristian è vivo e potrà respirare da solo. E per mamma Rosa è già un miracolo.

Ma la sua odissea è appena cominciata. A dicembre i medici fanno sapere che Cristian potrà lasciare l'ospedale l'antivigilia di Natale. Una bella notizia? Non tanto, perché trovare al giovane una sistemazione sembrava impossibile: «Era come un pacco che nessuno voleva» racconta la mamma, che ha dovuto bussare a molte porte prima che gliene venisse aperta una. «Non finirò mai di ringraziare Luigi Bellini, il responsabile della Riabilitazione della Ferb-Ospedale Sant'Isidoro di Trescore - sottolinea -, l'unico che si è fatto carico del problema, assistendo Cristian, insieme ai suoi collaboratori come meglio non si poteva».

I mesi passano, e Cristian, pur tra mille problemi, «tiene» bene, tanto che nel cuore di mamma Rosa si fa sempre più strada una domanda: perché non riportarlo a casa? Se ne parla in famiglia, e la discussione dura poco: ad aiutare Rosa - in aspettativa dal suo posto di assistente scolastico alle scuole del paese - ci sarà la sorella di Cristian, Maria Teresa, 29 anni, che sceglie di lasciare il lavoro per dedicarsi completamente al fratello.

La decisione è presa, ora però bisogna «attrezzare» la casa, che verrà alzata di un piano per ospitare un bagno speciale e una piccola palestra dove Cristian «lavora» tutti i giorni con le sue fisioterapiste, Chiara e Tania, una messa a disposizione dell'Asl (insieme ad altri sussidi), l'altra presa privatamente, per garantirgli un'assistenza quotidiana. Al letto del giovane si alternano anche una cugina riflessologa, oltre al papà (dipendente della Fonderia Mazzucconi) e al fratello Nicolò, di 20 anni.

Sull'aspetto economico, meglio sorvolare: «Costa tutto parecchio», si limita a dire mamma Rosa, facendo intuire, con grande dignità, che la fatica è tantissima, ma che l'amore per Cristian non ha alcun prezzo. A casa, il giovane continua a migliorare, tanto che, ormai da qualche mese, si alimenta autonomamente, senza più l'uso del sondino. «Ha ripreso a masticare e a deglutire - dice soddisfatta la mamma - ed è stata davvero una gran bella soddisfazione. Il problema è che appena raggiunto un nuovo traguardo, si vorrebbe raggiungere subito anche quello successivo, e via di questo passo. Così lo stimolo: dai Cristian, non vorrai darla vinta ai medici, no? Facciamoli vedere chi sei! Io credo capisca, mi sembra più attento e più reattivo. Viviamo giorno per giorno, ma ogni giorno sembra sempre migliore del precedente».

Rifarebbe questa scelta? «Senza alcun dubbio. La vita val sempre la pena di essere vissuta, anche se non possiamo sceglierla noi. Si vede che il suo ruolo era questo: darci la forza per continuare ad andare avanti tutti insieme».
                              
Alberto Ceresoli
(Da L'Eco di Bergamo del 23 febbraio 2007)

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