La centrale a biogas si farà
Il Tar boccia il ricorso di Zanica

La contestata centrale a biogas in località Padergnone a Zanica, contro cui il Consiglio comunale si era espresso all'unanimità, «s'ha da fare». A dirlo una sentenza del Tar di Brescia che ha respinto il ricorso presentato dal Comune.

La contestata centrale a biogas in località Padergnone a Zanica, contro cui il Consiglio comunale si era espresso all'unanimità, «s'ha da fare». A dirlo una sentenza del Tar di Brescia che ha respinto il ricorso presentato dal Comune contro la Provincia che nell'agosto del 2011 aveva autorizzato la costruzione dell'impianto a biomasse da 625 kilowatt presentato dall'azienda agricola Baccini.

La sentenza del tribunale amministrativo, di fatto, autorizza la realizzazione dell'impianto che produrrà energia elettrica mediante il biogas prodotto dalla fermentazione anaerobica di letame e biomasse vegetali. Le critiche che avevano portato il Comune a ricorrere contro la delibera di Via Tasso, ribadite in un documento che un'apposita commissione tecnico-politica aveva portato all'ultima conferenza dei servizi, erano diverse. Dall'aspetto ambientale e sanitario dovuto al presunto inquinamento che la centrale avrebbe prodotto in una zona agricola vulnerabile come quella del Padregnone, al fatto che la maggior parte della biomassa provenisse da aziende esterne.

Ma il punto maggiormente contestato riguardava la presunta violazione della direttiva sull'abbattimento dei nitrati, che nel frattempo è stata superata da una nuova disposizione regionale. Infatti, la normativa precisava che per le biomasse di origine vegetale si potesse arrivare fino a 340 chili di nitrati per ettaro, mentre per quelli di origine animale fino a 170. Ma dato che l'impianto mischia entrambi i prodotti, secondo il Comune non avrebbe potuto farsi rientrare nei 340 chili.

La nuova disposizione ha però spostato il limite della biomassa animale a 250 chilogrammi per ettaro. Il Tar di Brescia, bocciando il ricorso, ha evidenziato come, per fugare dubbi sull'assenza di un danno ambientale, sia stata commissionata una verifica tecnico-scientifica «di alto profilo» condotta dal dipartimento di agronomia della facoltà di Agraria dell'università di Torino «riguardo agli aspetti di riutilizzo del digestato misto quale fertilizzante azotato per le varie terre di coltivo di pertinenza».

«Le risultanze – scrive la sentenza – declinano come accettabile e come non pregiudizievole per la salubrità delle acque la combinazione delle due biomasse». Le quali, dopo l'utilizzo anaerobico «non paiono porre a rischio inquinante anche le terre di coltivo interessa

© RIPRODUZIONE RISERVATA