In 2 mila per il Renzi show
«Rottamare? Un'esigenza»

È magro magro e con un filo d'occhiaie il Matteo Renzi che arriva in Fiera da star. Il sindaco di Firenze, il primo sabato d'autunno, porta in via Lunga (una delle tappe del suo tour in camper, che ieri ha toccato altre sei province lombarde) duemila persone.

È magro magro e con un filo d'occhiaie il Matteo Renzi che arriva in Fiera da star. Il sindaco di Firenze, il primo sabato d'autunno, porta in via Lunga (una delle tappe del suo tour in camper, che ieri ha toccato altre sei province lombarde) duemila persone.

Esponenti del Pd certo (e in prima fila, ad accoglierlo, c'è lo spin doctor della comunicazione Giorgio Gori), ma soprattutto «vnp», very normal people, giovani e famiglie, professionisti e amministratori locali, molti senza tessere di partito.

Un'ora e più ad ascoltare il rottamatore che dice che la «rottamazione non è un vezzo, o un dato anagrafico, ma un'esigenza per liberare l'Italia dalle incrostazioni e far passare idee nuove». Lo sfidante di Pier Luigi Bersani alle primarie si dice mosso dall'idea di una «politica bella, pulita e disinteressata» e basa il suo discorso su tre pilastri: futuro, Europa e merito. Passa dallo «spread della zucchina» alla «spending review del carrello», senza trascurare il «pacchetto anticasta. Che non è incoraggiare il populismo, ma un ritorno al buonsenso».

E ammette senza imbarazzi, nella terra che sa di Lega è anche ai «leghisti delusi» che bisogna parlare: «Se non riusciamo a recuperare parte di questi voti, perdiamo». In via Lunga arriva da star. Puntuale come uno svizzero, sotto una pioggia di flash e un mitra di microfoni. Fa il tutto esaurito, registrando a Bergamo una risposta seconda solo a quella raccolta nella sua città.

Incolla il pubblico (in attesa con largo anticipo, seduto dove capita, sotto la pedana, in sala o davanti al maxi schermo, per terra o in piedi) per un'ora e passa in quello che più che un comizio appare uno show. Un monologo quasi teatrale (Renzi si fa spesso le domande e si dà anche le risposte), riuscito nel mix di parola e video.

Si apre con l'autoironia della parodia renziana di Crozza, si chiude con la lirica definizione di democrazia di Obama. Non può mancare l'evergreen (come la definisce) della rottamazione, «che non è un vezzo, ma l'esigenza di levare via dal Paese tutte le incrostazioni per far passare aria pulita; non è una questione anagrafica ma di idee nuove».

In questo senso lui resta affezionato all'etichetta rischiosa di «rottamatore» e lascia a Bersani quella di «usato sicuro». E per rispondere a chi lo accusa di essere debolino sui contenuti, ne butta lì alcuni (infrastrutture, sviluppo urbanistico, questione femminile) e chiama in aiuto i «suoi»: «Costruiamoli insieme, partecipate (tramite sito e numero verde). Perché questa è la sfida di un noi, di storie diverse. Non siamo super eroi, viviamo con leggerezza e libertà questa sfida, sapendo di non essere unti da nessuna parte o depositari della verità».

Leggi le due pagine dedicate all'argomento su L'Eco di domenica 23 settembre

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