Lettera degli studenti a Profumo
«Meritocrazia? Ma che sia giusta»

«A seguito della giornata di mobilitazione nazionale di venerdì 5 ottobre, il ministro Profumo ha chiesto di non limitarsi alle proteste, ma creare proposte e costruire uno spazio di dibattito sul tema della riforma della pubblica istruzione».

«Ci auguriamo quindi che la nostra lettera possa ricevere una risposta e che, in occasione del convegno a cui il ministro è invitato lunedì 15 ottobre, vi sia lo spazio per affrontare questioni che ci paiono essere di vitale importanza per il futuro della scuola e delle giovani generazioni».

«Crediamo che il principio meritocratico che si vorrebbe introdurre nella scuola pubblica non possa e non debba essere fondato su un meccanismo di selezione. Tale principio è infatti destinato ad alimentare la competizione tra studenti e studentesse e rischia di compromettere funzioni fondamentali dell'istituzione scolastica, come quelle di socializzazione e di inclusione sociale, per tutti e per tutte».

«Se una formazione di qualità venisse domani garantita solo a un esiguo numero di studenti e studentesse sulla base di un criterio meritocratico e su parametri di rendimento ancora non del tutto chiari, finirebbero ad essere privilegiate le persone (o, in altri termini, gli istituti) avvantaggiati da migliori condizioni di partenza».

«Una dinamica destinata inevitabilmente ad accrescere disuguaglianza ed esclusione. Crediamo fermamente che un principio di merito, se deve esistere, debba corrispondere a meccanismi di inclusione sociale e rappresentare un moltiplicatore di opportunità, dando a tutti e tutte la possibilità di raggiungere gli stessi obiettivi pur partendo da diverse condizioni di partenza».

«L'istruzione non può prescindere dal riconoscimento dell'individualità dell'alunno e dell'alunna, un riconoscimento che ne valorizzi le predisposizioni. La cooperazione fra studenti e studentesse, e la loro partecipazione collettiva alle dinamiche di apprendimento, corrisponde per noi a quel meccanismo virtuoso ed includente che rimuove distanze di partenza e scenari concorrenziali per valorizzare la persona e sviluppare le attitudini specifiche di ognuno e ognuna».

«Numerose scuole, a causa dei residui attivi nei confronti dello stato (sempre più diffusi e sempre più consistenti nei bilanci di istituto), sono costrette a richiedere contributi alle famiglie per poter svolgere le normali attività didattiche. Lo stato da anni accumula debiti nei confronti delle istituzioni scolastiche e la consistenza degli stessi lascia poche speranze circa la possibilità di saldarli».

«Tutto questo fa il paio con i miliardi di euro tagliati solo quest'anno a scuole e università, la precarizzazione professionale del corpo insegnanti e le condizioni fatiscenti di molte strutture, deprivate da vent'anni di successive riforme dell'istruzione. Analoga sorte sembra oggi spettare anche a settori essenziali come sanità e trasporti, e la nuova riforma del lavoro prefigura uno scenario davvero desolante per il nostro futuro».

«Ma quale futuro avete in mente per noi? Dopo diversi anni di discussione, la legge Aprea è oggi un disegno di legge, pronta per essere discussa in Parlamento. Le modifiche del testo riguardanti la rappresentanza studentesca, la cui influenza in consiglio sarebbe percentualmente aumentata, sono davvero poca cosa se si pensa al fatto che la legge introdurrebbe la possibilità di ingresso nel consiglio per soggetti privati (se raggiunta l'approvazione dei due terzi dei consiglieri)».

«Considerato il disimpegno economico verso l'istruzione pubblica e le condizioni deprivate in cui versano molte strutture ad essa destinate, non vediamo come irrealistica la prospettiva, in un prossimo futuro, di ritrovarci in una scuola privatizzata che dipenda dalla "generosità" dei privati o, ancora peggio, di una formazione orientata da fondi privati e spalmata sulle esigenze del mercato».

«La scuola del futuro sarà allora una scuola-azienda, dove studenti-impiegati competono tra loro per accaparrarsi risorse messe a disposizione da aziende private? Rivendichiamo il nostro diritto allo studio. Vogliamo una scuola che sia realmente pubblica, che garantisca a tutti pari diritti e opportunità».

«Siamo studenti, siamo persone, siamo il presente e siamo il futuro del nostro Paese. C'è una cosa, però, che non siamo: macchine per far soldi. Le nostre preoccupazioni e le nostre domande non sono rivolte solo al ministro Profumo, bensì all'intero ministero dell'Istruzione. Cordiali saluti».

Coordinamento dei Collettivi e degli Studenti

© RIPRODUZIONE RISERVATA