Bullismo, una mamma:
«Non sono casi isolati»

Il caso di Dalmine ha scosso le famiglie bergamasche e ha portato a una riflessione approfondita sui fenomeni di bullismo e sul bisogno di una rete di aiuto e di confronto. Per non sentirsi soli. In redazione è arrivata la lettera di una mamma.

Il caso di Dalmine ha scosso le famiglie bergamasche e ha portato a una riflessione approfondita sui fenomeni di bullismo e sul bisogno di una rete di aiuto e di confronto. Per non sentirsi soli. In redazione è arrivata la lettera di una mamma. Ecco il testo:

«Non è un caso isolato». Leggere questo vostro titolo mi ha stretto il cuore ma mi ha dato anche speranza. Perché parlandone non ci si sente soli. La storia di bullismo di Dalmine può e deve aprire un dibattito su quello che succede nelle nostre scuole e deve mettere di fronte genitori, insegnanti e dirigenti a una verità ormai palese: i nostri figli hanno sempre più bisogno di parlare e confrontarsi con noi. Lo dico da mamma che sta vivendo una storia difficile: difficile perché mio figlio ha solo cinque anni, perché sciocchi scherzi tra bambini della materna possono fare molto male. Scuola materna privata e in città: un gruppo di maschietti che iniziano a crescere, a scoprire la forza fisica, la competizione. E magari tra loro ce n'è uno più debole, più magro, più basso. E si inizia così, per caso, a dire che quel bambino è piccolo di statura e leggero, come un fuscello. E allora è facile sollevarlo, vincere prove fisiche contro di lui. Che sta zitto, e piange in disparte, e ha paura di raccontarlo. Poi a casa inizia a scalciare e picchiare, a isolarsi, a dimostrare segni di insofferenza, a cercare la superiorità con la sorella minore. Il confronto con l'insegnante è d'obbligo ed emerge il disagio, gli occhi rossi, le rivelazioni trattenute. E parlare diventa così una liberazione, ma non è abbastanza. Perché a parlare, a raccontarsi, a spiegare il perché, devono essere anche quei bambini che arrecano, spesso a questa età senza esserne profondamente consapevoli, questi disagi. Con loro il confronto è d'obbligo con le famiglie, perché ogni azione non è mai isolata: dietro ai calci di mio figlio c'è una voragine tenuta celata, dietro al bisogno di essere leader con la forza e lo scherno altri malesseri nascosti. E richieste di aiuto. Intanto come mamma ti domandi cosa bisogna fare. Facile sarebbe farsi giustizia da soli, parlare con i genitori e i bambini che stanno rendendo così difficile la crescita al tuo piccolo. Io credo nella scuola come istituzione, credo nell'insegnante come guida di un cammino che inizia fin da piccoli. Credo a chi ho affidato con una scelta consapevole mio figlio. Voglio e devo fidarmi. Ma credo che anche questa storia, sicuramente più banale di quella avvenuta a Dalmine, sia bullismo. Anche a 5 anni. E come mamma il confronto è d'obbligo, con la paura di sbagliare, di chiedersi se il tuo pulcino deve e può cavarsela da solo. Perché il mondo fuori è ancora più difficile. E aggressivo. Poi, ad aiutarmi in questi giorni in cui come genitore sono assalita dai dubbi, è stato proprio mio figlio. Raccontandomi un episodio di scherno, dopo pause di silenzio, mi ha regalato un suo grande pensiero: «Sai mamma - mi ha detto - a me piace essere me stesso».
Una mamma

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