Lo schianto e tre anni di calvario
«Sono rinato grazie all'Arma»

Caravaggio: l'8 febbraio del 2009 il luogotenente Carmelo Passalacqua venne travolto da un'auto di rapinatori. Dato per spacciato, rimase tre settimane in coma. Poi la rinascita. «Colleghi d'oro: non mi hanno mai lasciato solo».

Un bellissimo mazzo di fiori, il regalo di compleanno. Elisa se ne stava rannicchiata fuori dalla Rianimazione, gli occhi al libro di marketing e la mente al di là di quei vetri. Dentro il reparto, intubato, papà Carmelo ingaggiava la sua lotta contro la morte. Quel 10 febbraio non avrebbe potuto porgerle di persona il suo mazzo di fiori, dono che, cascasse il mondo, aveva sempre santificato il compleanno della sua bambina.
Erano trascorsi appena due giorni dallo schianto, ma i fiori arrivarono comunque: «Me li fecero trovare i suoi ragazzi. Splendidi». Non i fiori, non solo: i «ragazzi» del nucleo informativo di papà.

Carmelo Passalacqua arriva in redazione a raccontare la sua storia «scortato» dalla moglie Rosangela e da Elisa. Sulle sue gambe e non è cosa da poco, per uno a cui avevano dato 72 ore di vita. Invece a tre anni e nove mesi dall'incidente il luogotenente dei carabinieri, ragusano di 54 anni trapiantato nella Bergamasca dal 1982, può dire di essere «un miracolato. Mi hanno salvato mia moglie, le mie figlie e l'Arma».

Che detto così può anche sembrare l'ennesima manifestazione del famoso «spirito di corpo» che accomuna i carabinieri. Ma la storia di Carmelo è molto di più. «L'Arma ci è sempre stata vicina – spiega la signora Rosangela –. Me lo disse il comandante regionale, generale Marco Scursatone, venuto il giorno dopo l'incidente da Milano agli Ospedali Riuniti: da questo momento ci siamo noi. Me lo impose». E fu la sua, la loro salvezza.

Schianto tremendo
Ciò che successe domenica 8 febbraio 2009 poteva essere l'ennesimo incidente che lo stesso Passalacqua, ai tempi comandante del nucleo informativo del comando provinciale di via delle Valli, avrebbe registrato tra gli eventi di giornata.

Invece su quell'auto centrata in pieno da una banda di rapinatori a Zanica, all'altezza della rampa che collega la statale 42 con la Cremasca, c'era proprio lui. Solo che quella mattina non c'erano codici ruspa da inseguire: il luogotenente Passalacqua era stato travolto da una banda in fuga su una Volkswagen Golf carica di refurtiva e attrezzi da scasso mentre si recava al lavoro. «Pensare che gli avevo chiesto di accompagnarmi prima in ospedale, ma non aveva voluto, sennò faceva tardi in ufficio».

Così Rosangela s'è ritrovata infermiera due volte: nella Pediatria di Treviglio dove lavora e a casa, a curare e sostenere il marito, rimasto per tre settimane in coma e ancora oggi alle prese con le terapie alla clinica Quarenghi di San Pellegrino e con problemi di equilibrio. «Sono stati anni difficili, ma abbiamo sempre fatto ogni cosa con tutto l'amore del mondo – spiega la figlia Elisa a nome anche della piccolina di casa, Giorgia di 15 anni –, sapevamo che papà voleva tornare a casa dalle sue donne». E così è stato nel giugno 2010. Lasciato il centro riabilitativo di Mozzo, rivide Caravaggio dall'alto della sua sedia a rotelle. Ma era vivo.

La disperazione e la speranza
«Appena successo l'incidente non eravamo consapevoli della situazione – continua Elisa –, ma vedere ai Riuniti tutti quei colleghi di papà mi ha fatto temere il peggio». Anche per Rosangela quella fu la domenica peggiore: «"So che sei una collega", mi disse un infermiere davvero speciale della Rianimazione, "se non fai scene ti faccio entrare". E infatti Carmelo era in condizioni disperate: aveva fratture maxillofacciali, la parte sinistra del corpo molto compromessa, un occhio fuori dall'orbita. Mi dissero che aveva 72 ore di vita».

Quella sera moglie e figlia maggiore tornarono a casa nella disperazione. In ospedale, a «vegliare» il comandante, c'erano i suoi ragazzi. «Gli stessi che i giorni successivi avrebbero fatto il turno di notte – spiega la moglie Rosangela –, che ci portavano il tè e, anche quando le condizioni di Carmelo sono migliorate, per un anno e mezzo sono venuti a prenderci a casa per portarci al day hospital e alle terapie. Così poteva sentirsi ancora un po' il comandante: altro che percorso psicologico: sono stati loro la sua salvezza».

Come il giorno che a Lourdes, in carrozzella, fu preso di peso dai cadetti della scuola allievi ufficiali per portare a termine la Via Crucis. «L'abbiamo rifatta anche l'anno dopo» sorride Rosangela. Come? «A piedi» risponde orgoglioso il marescià.

Marta Todeschini

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