«Mi manca quell'abbraccio»
Parla il padre di Mohamede

«Ho perso il mio unico e amato figlio e ora mi sento il cuore strappato». Condensa tutto il suo dolore in una frase Djiby Sy, il papà di Mohamede bimbo di 15 mesi dichiarato da venerdì pomeriggio clinicamente morto. Dato il consenso per il prelievo degli organi.

«Ho perso il mio unico e amato figlio e ora mi sento il cuore strappato». Condensa tutto il suo dolore in una frase Djiby Sy, il papà di Mohamede bimbo di 15 mesi dichiarato da venerdì pomeriggio clinicamente morto. Le gelide acque dell'Adda dove giovedì il piccolo è stato trascinato dalla madre in un momento di disperazione hanno distrutto la sua famiglia.

Ha gli occhi lucidi e la voce strozzata dalla commozione il trentaquattrenne senegalese, ma si è reso disponibile a raccontare la sua vita di padre premuroso e le sue sensazioni in questo momento di grande sconforto. Lo ha fatto ieri pomeriggio nel piazzale antistante il padiglione R dell'ospedale San Raffaele di Milano, dove Mohamede si trova nella terapia intensiva del reparto di cardiochirurgia.

Qui il bimbo di 15 mesi era stato ricoverato dopo la disgrazia e, nonostante il protocollo speciale avviato dall'équipe di rianimazione, le sue funzioni vitali vengono preservate e monitorate grazie ai macchinari. «I medici mi hanno chiesto se davo il consenso al prelievo degli organi e ho detto di sì, infatti alle 15,30 di oggi (ieri per chi legge,ndr) ho firmato un sacco di carte per questo - ha detto il papà del bimbo - e l'ho fatto con convinzione perché è giusto che altri bambini abbiano la possibilità di vivere grazie anche agli organi del mio piccolo».

Djibi Sy non riesce a darsi pace per quanto accaduto e soprattutto per l'assurdità del gesto di sua moglie trentaseienne Dahinatou Lengane. La donna è ricoverata nel reparto psichiatrico dell'ospedale di Melzo e non è al corrente della morte clinica del suo bimbo: non in grado di parlare con i carabinieri della locale stazione che seguono il caso.

«Non capisco cosa le sia passato per la testa, ma di sicuro è stato un momento di follia – ha commentato il senegalese – altrimenti se voleva fare in modo che Mohamede potesse vivere meglio bastava portarlo in Burkina Faso, suo paese d'origine e non fare un gesto che non ha spiegazioni».

L'ultimo tentativo per cercare una riconciliazione è avvenuto martedì scorso: «Mohamede mi è venuto incontro felice e sorridente per salutarmi io sono rinato ma lei mi ha allontanato bruscamente. Sarebbe stato l'ultimo abbraccio al mio bimbo, ma non ho avuto la possibilità di farlo e ora il mio cuore piange ancor più».

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