Mohamede, donati gli organi
«Non so se incontrerò la mamma»

Anche l'ultima speranza si è dovuta scontrare con la realtà: Mohamede è morto. I medici hanno provveduto a prelevare tutti gli organi e già lunedì si
potrà sapere quali potranno essere utili e si potranno impiantare in altri bambini.

Anche l'ultima, flebilissima speranza si è dovuta scontrare con la drammatica realtà. Mohamede, il bimbo di 15 mesi che, giovedì pomeriggio, la madre ha trascinato con sé nelle acque gelide dell'Adda, a Truccazzano, nel Milanese, è morto. Viste le sue condizioni disperate, i medici avevano già avviato il periodo di osservazione previsto dalla legge e il padre del piccolo, Djiby Sy, senegalese, sabato pomeriggio aveva già firmato il consenso per il prelievo degli organi del piccolo Mohamede. «È giusto che anche altri bambini abbiano la possibilità di vivere grazie anche agli organi del mio piccolo», aveva spiegato il genitore.

I medici hanno provveduto a prelevare tutti gli organi e già lunedì si potrà sapere quali potranno essere utili e si potranno impiantare nel corpo di altri bambini. E sempre lunedì Djibi potrà rivedere il corpicino del figlioletto e potrà organizzare il funerale. «Non so ancora, invece, se vorrò mai rivedere la mamma – spiega scosso –: non so se potrei farlo e comunque dovrei pensarci. Quello che ha fatto è gravissimo».

La donna, Dahinatou Lengane, 36 anni, originaria del Burkina Faso, da giovedì si trova ricoverata nel reparto di Psichiatria dell'ospedale milanese di Melzo. Proprio da lei, una decina di giorni fa, Djibi era stato cacciato dalla casa di via Roma a Mozzanica dove vivevano. Pochi giorni prima la donna aveva perso il lavoro: il locale dove era addetta alle pulizie aveva infatti chiuso i battenti e lei era rimasta a casa. «Questo episodio ha anche segnato il nostro rapporto – spiega Djibi Sy –: lei era diventata intrattabile, anche perché non poteva più vedere i due figli avuti dal primo matrimonio, affidati dal tribunale ad altre famiglie».

«A questo punto, essendo rimasto anch'io senza lavoro – spiega –, probabilmente non otterrò più il rinnovo del permesso di soggiorno e sarò cacciato dall'Italia, il paese dove volevo veder realizzato me e veder crescere mio figlio Mohamede che ora non c'è più».

Per saperne di più leggi L'Eco di Bergamo del 12 novembre

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