«La nostra Yara è sempre con noi»

Guardi la candela a forma di fiore sull'altare del Rosario e capisci le parole di don Corinno: «Yara ha fatto sbocciare tanto amore». Sotto la statua della Madonna, sul lato sinistro della parrocchiale di Brembate Sopra, non c'è più la gigantografia della ginnasta scomparsa nel nulla quel 26 novembre di due anni fa.

Spariti pure i quadernoni strabordanti di disegni e pensieri a raccontare l'attesa, la trepidazione fatta speranza e poi il dolore, forte, di averla ritrovata morta nel campo di Chignolo. Solo una candela bianca che pare una ninfea: «È la nostra Yara» sospira il parroco don Corinno Scotti che lunedì sera alle 20,30 celebrerà una Messa per ricordarla.

Tornare a Brembate Sopra due anni dopo quel maledetto venerdì, stretti dalla commozione del ricordo, è però tutt'altra storia. Percorri via Locatelli e come non ricordare i lampeggianti delle auto della polizia ferme ai lati, come non rivedere davanti agli occhi la barriera della Protezione civile in via Rampinelli, il sopracciglio teso di preoccupazione di Giovanni Valsecchi che smista i suoi, lo svicolare veloce delle mamme che accompagnano le loro figlie a ginnastica per proteggerle dai flash?

Due anni dopo
Oggi a Brembate c'è un paese che vuole continuare a credere che i mostri non esistono. Ma è venuto proprio qui, magari stava qui. Un paese che ricorda la sua Yara senza troppo clamore, come apparve chiaro (e strano ai molti assuefatti da Avetrana e dintorni) fin dall'inizio di questa brutta storia.

Entriamo in palestra, la palestra degli allenamenti di Yara. Anche i fogli di «divieto telecamere e riprese fotografiche» non ci sono più, sulle porte. Nemmeno la gigantografia di Yara a bordo campo. «L'abbiamo tolta da poco tempo. L'ho detto a Maura: scusa ma ogni volta che alziamo lo sguardo è un dolore troppo forte» spiega Daniela Rossi, la direttrice tecnica della sezione di ginnastica ritmica della Polisportiva. «Noi Yara la ricordiamo sempre, è sempre con noi».

Le sue compagne
Il tuffo al cuore si rinnova, per chi manca da qui da parecchio tempo, assistendo all'allenamento. Sulla pedana si stanno riscaldando nove ragazze. Sono le compagne di Yara, le atlete della sezione Gpt che fino a due anni fa condividevano cerchi e clavette con lei, «la matta del gruppo, sempre gioiosa, l'instancabile Yara dall'energia inesauribile» la ricorda sorridendo Daniela Rossi.

Dopo la corsetta su e giù dalle tribune iniziano saltelli e flessioni in pedana e Giulia col suo volto acerbo di donna pare proprio lei, l'esuberante Yara. E pensi che ora sarebbe in seconda superiore. «Non ci saranno particolari iniziative per ricordare i due anni dalla sua scomparsa – spiega Rossi –, per scelta preferiamo evitare le date, perché è come tornare indietro e riaprire una ferita troppo profonda. Commemorare è entrare nel dramma, ma le nostre ragazze hanno il diritto di andare oltre, vogliamo rasserenarle, perché ogni volta è una grande sofferenza. Anche all'inizio è stata dura, ma ci siamo dette: se smettiamo di venire qui basta, non entriamo più in questo posto».

Entra Valentina, ora che ha lasciato l'agonismo allena le piccoline come Keba, la sorella di Yara. Da quest'anno le hanno affidato i corsi di avviamento per le bimbe dai sei ai dieci anni, «ora è pronta, è brava e il suo essere qui fa bene a tutti», aggiunge la responsabile spiegando anche che «non organizzare eventi particolari non significa non voler ricordare questo anniversario, lo sappiamo tutti che giorno è lunedì (oggi, ndr) le ragazze nei loto tempi e modi andranno di certo al cimitero. Ora, però, l'importante è stare vicini alla sua famiglia, e questo i genitori delle nostre ragazze lo sanno bene».

Quella coccinella
Gambe distese a terra, inizia la serie di potenziamento con l'elastico, poi la schiena va sempre più all'indietro, è pronta a conformarsi a ciò che chiede la ginnastica ritmica. «Vorrei avere una schiena più sciolta», scriveva la tredicenne a scuola.

Infatti Daniela Rossi conferma come fosse «molto brava con gli attrezzi, meno in flessibilità, lo sapeva» dice indicando l'esercizio delle ragazze seguite dalle allenatrici Laura e Silvia. Oggi sono «in borghese»: la divisa di rappresentanza è in magazzino, la divisa di Yara. «Sulla felpa abbiamo messo il suo simbolo, proprio sul cuore: è una coccinella, ne troverà anche al cimitero».

Infatti. Accanto a una mezza punta da ginnastica ritmica e a due piccole clavette in ceramica legate al lumino, ecco spuntare la coccinella, sulla tomba di Yara, di un rosso vivace come la sua voglia di volteggiare e stare con le amiche. «Anche quel giorno ci ha portato lo stereo in palestra e poi si è messa seduta a terra, a bordo pedana a chiacchierare. Poi è andata, "se no la mamma si preoccupa"».

Marta Todeschini

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