Celle telefoniche, migliaia di dati
L'utenza «X» è ancora un mistero

L´indagine sul traffico telefonico è tra le più complesse mai fatte prima La strada sembrava tutta dritta e la roadmap altrettanto lineare: le tracce di dna, incrociate con i dati delle celle telefoniche tra Brembate Sopra e Chignolo, avrebbero dato il nome e il cognome dell'assassino della piccola Yara.

Era andata così in altri casi di cronaca e, almeno fuori dagli ambienti investigativi, tanti si aspettavano che il cerchio si sarebbe chiuso anche questa volta con l'aiuto della scienza e della tecnologia. Invece il percorso verso la verità si è rivelato tortuoso: migliaia di profili genetici e tonnellate di tabulati telefonici, a distanza di due anni, non hanno ancora permesso di arrivare a una risposta.

Eppure la pista dei telefonini non è stata mai abbandonata. Il lavoro da fare su questo fronte, del resto, era ed è enorme: con tanta pazienza gli investigatori per due anni hanno incrociato i dati del traffico delle celle telefoniche dell'Isola, tra il centro sportivo di Brembate Sopra, nei pressi del quale Yara scomparve la sera del 26 novembre 2010, e il campo di via Bedeschi a Chignolo d'Isola, dove la tredicenne fu trovata morta nel primo pomeriggio del 26 febbraio 2011.

Lungo il percorso ci sono una quindicina di ripetitori telefonici: cinque nella zona tra Presezzo e Ponte San Pietro, due a Bonate Sopra e altrettante a Bonate Sotto, altre cinque tra Chignolo d'Isola, Bottanuco e Madone. A questi ripetitori la sera della scomparsa erano agganciati migliaia di cellulari. C'era anche il telefonino di Yara, che prima di spegnersi per sempre – furono ritrovate solo la scheda e la batteria insieme al cadavere – agganciò una cella telefonica a nord di Brembate Sopra, tra via Sorte e via Ruggeri, dopo essere «passato» temporaneamente su una cella di Mapello, comune confinante con Brembate Sopra.

A quelle migliaia di telefonini corrispondono migliaia di cittadini: in tantissimi in questi due anni sono stati convocati dai carabinieri o dalla polizia (o da entrambi) sentendosi chiedere: «Dov'era il 26 novembre 2010 fra le 18 e le 20? Questo numero di cellulare è il suo? Lo usa solo lei? Lo ha ceduto ad altri? Acconsente al prelievo della sua saliva?». Alla convocazione, infatti, segue il prelievo dei campioni salivari da cui estrapolare il dna. Le forze dell'ordine hanno contattato anche persone che non vivono nella Bergamasca: le chiamate, per esempio, a gennaio di quest'anno arrivarono anche a Frosinone.

Tutto in un pugno di minuti
Per tentare di circoscrivere il campo di ricerca in mezzo a questo mare di dati, gli investigatori da tempo hanno calcolato il tempo necessario a percorrere i circa 10 chilometri che separano la palestra di Brembate dal campo di Chignolo: l'accertamento fu eseguito nei primi giorni successivi al ritrovamento del corpo di Yara. Per più volte, con un cronometro, un rilevatore gps e una mappa satellitare, i detective percorsero il tragitto con le principali deviazioni, calcolando che da Brembate Sopra in macchina ci vogliono tra i 15 e i 20 minuti per raggiungere Chignolo.

Gli ostacoli in una ricerca del genere non sono pochi: per esempio, se un telefono nell'arco di tempo analizzato non ha generato traffico (cioè non ha ricevuto o inviato chiamate e sms) i suoi spostamenti difficilmente possono essere ricostruiti a posteriori. Se l'apparecchio è stato spento, poi, ogni tentativo di risalire ai suoi movimenti successivi è destinato a fallire. Nel caso un telefono abbia effettivamente generato traffico, invece, ci sono programmi informatici che permettono di «filtrare» la mole di dati a disposizione alla ricerca di elementi ricorrenti. Per esempio, si possono estrapolare solo i numeri di persone residenti a Brembate Sopra, o che vivono fuori provincia, o non italiane. Una volta applicati i filtri si possono fare accertamenti sull'identità degli intestatari, restringendo ulteriormente il campo.

Nel caso di Yara, l'utenza telefonica «x», ammesso che esista e sia tecnicamente possibile rintracciarla, è ancora sconosciuta, ma la ricerca continua. Qualsiasi risultato porterà o non porterà, passerà alla storia come una delle più ampie e complesse mai condotte prima in Italia. Probabilmente anche nel mondo.

Emanuele Biava

 

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