I tre alpinisti dispersi in Francia
Ricerche sospese definitivamente

Finiti in un crepaccio o travolti da un valanga sulla strada del ritorno. Sono queste due le ipotesi più accreditate sulla sorte dei tre alpinisti italiani - tra cui due bergamaschi d'adozione, Francesco Cantù e Luga Gaggianese - dispersi ormai dal 26 novembre sul Barre des Ecrins. Le ricerche dei tre alpinisti dispersi sono state definitivamente sospese.

Le ricerche dei tre alpinisti dispersi sul Dome des Ecrins sono definitivamente sospese. «Purtroppo abbiamo perso la speranza di trovarli in vita. E' stato superato il normale periodo di sopravvivenza in queste condizioni, tenuto conto anche del loro equipaggiamento» ha detto il prefetto Jacques Quastana.

I soccorritori sorvoleranno la zona durante i normali servizi e al ritorno delle operazioni quotidiane di soccorso, sperando di trovare un indizio che conduce ai tre alpinisti. Il comandante Stephane Bozon, capo del Pghm di Briancon non ha nascosto l'amarezza dei suoi uomini che hanno dato tutto durante gli otto giorni di ricerca e in condizioni infernali per ritrovare i tre italiani.

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Finiti in un crepaccio o travolti da un valanga sulla strada del ritorno. Sono queste due le ipotesi più accreditate sulla sorte dei tre alpinisti italiani - tra cui due bergamaschi d'adozione, il cardiologo Francesco Cantù, per 8 anni in servizio agli Ospedali Riuniti, e Luga Gaggianese, già dirigente del Cesvi Bergamo per alcuni anni e poi al Comitato del Cnr Everest/K2 di Agostino Da Polenza - dispersi ormai dal 26 novembre scorso sul Barre des Ecrins, il più occidentale dei 4.000 alpini, nel Delfinato francese.

L'ipotesi emerge dopo che il quotidiano torinese «La Stampa» ha pubblicato l'ultima telefonata ai familiari del terzo alpinista impegnato nella cordata, il genovese Damanino Barabino, anch'egli medico, all'Ospedale di Mondovì. «Scendiamo - avrebbe detto al padre cvia telefono alle 17 del 26 novembre scorso -, tra due ore siamo alla macchina, abbiamo fatto le ultime corde doppie».

La telefonata registra anche l'irritazione di Barabino dopo ver saputo dal padre che, viste le cattive condizioni metereologiche tra i ghiacciai della Barre des Ecrins e la mancanza di comunicazioni, erano già stati allertati gli uomini del soccorso alpino francese: «Ma perché?» chiede spazientito l'alpinista al padre.

«Una telefonata che ci ha disorientato - spiega a La Stampa Edordo Rixi, il consigliere regionale leghista in liguria amico di Barabino e compagno di molte scalate - . Corda doppia? Ma dove? Ero certo che Daminao sarebbe sceso lungo la via normale, sul glacier Blanc. Gli ultimi rilevamenti con le celle telefoniche lo segnalavano dall'altra parte della montagna. Forse erano sul ghiacciaio di Pilatte». ma può anche essere, dicono gli esperti, che con quelle codbnizioni meteo - bufera, vento a 70 chilometri orari, abbondanti nevicate e nebbia - abbiano perso l'orientamento. Sta di fatto che dalle cinque del pomeriggio di lunedì 26 novembre, dei tre alpinisti non si sa più nulla.

Per tutta la scorsa settimana, gli uomini del soccorso alpino d'Oltralpe li hanno cercato con uomi, elicotteri e cani da soccorso, sfidando condizioni meteo assai proibitive, tanto che - in un'occasione - quattro soccorritori sono stati sfiorati da una valanga e, mentre quando gli uomini e i cani sono stati portati in quota, sono stati subito costretti a rientrare a bordo degli elicotteri perchè si sprofondava oltre due metri di neve fresca.

Venerdì pomeriggio, i familiari dei tre alpinisti avevano recuperato gli effetti personali lasciati dai loro cari sulle auto parcheggiate al punto di partenza dei sentieri che portano in quota, effetti dai quali i gendarmi francesi e gli uomini del soccorso alpino non avevano tratto alcuna indicazione utile per le ricerche, se non quella che i tre non erano attrezzati per effettuare un bivacco in quota, azzerando così le speranze che in qualche modo i tre avessero potuto resistere a temperature così rigide nel cuore della notte e in codnizioni meteo davvero estreme.

Sabato pomeriggio, il capo dei soccorsi di Briançon era stato costretto a dare il terribile annuncio ai familiari dei tre alpinisti: «Non ci sono più speranze». Il perdurare delle difficile condizioni metereologiche ha peraltro impedito che le ricerche potessero continuare. Al momento, dunque, nessuna novità.

Nemmeno oggi - matedì - sono riprese le ricerche, tanto che - pur in assenza di una conferma ufficiale da parte della gendarmeria di Briançon - sembrerebbero ormai sospese. «Anche questa mattina nevica», ha confermato a Tmnews il capitano Nicolas Colombani del Pghm e nessun elicottero ha potuto alzarsi in volo. «Quel dispiegamento di mezzi e di uomini ormai non era più possibile», spiega a TMNews Max Pantani, direttore della Scuola di alpinismo di cui faceva parte Luca Gaggianese, «sicuramente però, nel corso dei voli di ricognizione o di addestramento, il Pghm continuerà a tentare di individuare il posto dove potrebbero trovarsi» i tre alpinisti.

Restano dunque aperti tutti gli interrogativi sulla sorte di Luca Gaggianese, Francesco Cantù e Damiano Barabino: «Possiamo solo fare supposizioni, su dove possano trovarsi e cosa possa essere loro accaduto: la caduta accidentale in crepaccio, data anche la scarsa visibilità causata dal maltempo, è al momento l'ipotesi più accreditata», spiega Pantani.

I tre alpinisti, tutti esperti, avevano affrontato domenica 25 novembre una difficile salita in invernale sul massiccio. Rallentati dal maltempo, erano stati costretti a un primo bivacco nella notte tra domenica e lunedì pur essendo privi di attrezzatura. L'ultimo contatto telefonico con loro risale al primo pomeriggio di lunedì, quanto i tre avevano già iniziato la discesa, poi più nulla.

I tre alpinisti erano partiti nella notte tra sabato e domenica scorsi per scalare la Goulotte Gabarrou-Marsigny sulla parete sud della montagna. Un itinerario classificato «molto difficile», per cui sono necessarie circa otto ore di scalata, ma i tre erano alpinisti esperti, con alle spalle complesse ascensioni sulle Alpi e in Patagonia.

Visto l'itinerario scelto gli scalatori erano attrezzati leggeri, senza materiale per bivaccare all'aperto. Dopo varie ore di arrampicata su un terreno misto ghiaccio-roccia, domenica sera sono arrivati sulla cima. Per la notte hanno bivaccato poco più in basso, a 3.900 metri, in una buca nella neve. Il giorno dopo è arrivato il maltempo, con neve e visibilità ridotta. Hanno cercato di scendere dal versante nord, lungo la più «agevole» via normale, poi sembra che siano tornati sui propri passi e abbiano optato per la parete sud.

L'ultimo contatto risale a lunedì pomeriggio, poco dopo le 17.

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