«L'Ambrogino d'oro»
alla bergamasca Cattaneo

Elena Cattaneo, tra i massimi esperti italiani di cellule staminali e malattie neurodegenerative, riceverà il prossimo 7 dicembre l'Ambrogino d'oro, massimo riconoscimento del Comune di Milano. La Cattaneo ha fortissimi legami con Paladina, paese del papà e dello zio.

Elena Cattaneo, tra i massimi esperti italiani di cellule staminali e malattie neurodegenerative, punto di riferimento internazionale per gli scienziati che lavorano in questo campo, riceverà il prossimo 7 dicembre l'Ambrogino d'oro, massimo riconoscimento del Comune di Milano.

La Cattaneo ha fortissimi legami con Paladina, paese del papà e dello zio, e che, nel 2003, le diede la cittadinanza onoraria.

Il Laboratorio delle Cellule Staminali che la professoressa dirige all' Università di Milano, si occupa in particolare della Corea di Huntington, malattia genetica neurodegenerativa rara che causa movimenti incontrollati, perdita di facoltà intellettive e disturbi emozionali. Ha scoperto che il gene responsabile della malattia svolge, nella sua versione sana, una importante funzione nelle cellule nervose e che questa funzione viene a mancare in presenza della mutazione.

Dati in via di pubblicazione di un nuovissimo studio del centro ricerca milanese dimostrano ora che è possibile ottenere neuroni umani simili a quelli che degenerano nella malattia di Huntington partendo da staminali embrionali umane e da cellule staminali indotte pluripotenti.

Elena Cattaneo, alla quale nel 2008 l'Unione Nazionale Medico Scientifica di Informazione (Unamsi) ha conferito il Premio Grande Ippocrate per il ricercatore scientifico dell'anno, ha pubblicato 150 articoli su riviste indicizzate tra cui Science, Nature Neuroscience, Nature Genetics. Negli anni è risultata vincitrice di oltre 100 finanziamenti per ricerche nazionali e internazionali.

«La scienza e l'etica insita nell'agire scientifico - ha affermato alla notizia dell'assegnazione dell'Ambrogino - mi hanno sempre insegnato molto. Mi ricordano ogni giorno come si deve vivere da essere umani e mi incoraggiano e mi sostengono nel nostro compito più arduo: quello di dare dignità e speranza a chi non può darsele da solo. Voglio intendere l'Ambrogino d'Oro come un riconoscimento per le implicazioni sociali del lavoro che in tanti svolgiamo, della fiducia di cui abbiamo l'onore di essere investiti, e che non può mai essere tradita».

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