Nuovo ospedale, primo paziente:
il trapianto? Più emozione ora

Ivan Pezzotta, 57enne di San Paolo d'Argon, è il primo paziente del nuovo ospedale. È stato sottoposto 15 giorni fa al trapianto di un rene e ora regala parole d'entusiasmo: «Sembrerà strano, ma mi sono emozionato di più oggi che il giorno del trapianto».

Ore 8,38, camera calda del pronto soccorso del Papa Giovanni XXIII: infermieri e medici accolgono, proteggendolo come un delicato oggetto di cristallo, un uomo calato in barella dall'autoambulanza, seminascosto da una coperta.

È Ivan Pezzotta, 57 anni, di San Paolo d'Argon, a varcare per primo, come paziente allettato, la soglia del nuovo ospedale. Entra quasi in contemporanea ai primi pazienti psichiatrici, che, dal pulmino attrezzato, scendono con le loro gambe.

Ore 10, mentre altri pazienti arrivano dai Riuniti, con la catena dei convogli mobili, Pezzotta è già al caldo della sua stanza d'ospedale, al secondo piano della Torre 7, Nefrologia. E sorride, di cuore, dal letto, guardando il paesaggio innevato dall'enorme finestra: «Mi sento in paradiso. Quante emozioni per me. Dopo quattro mesi d'attesa, è arrivata l'emozione del trapianto: da quindici giorni ho un rene nuovo, e sono uscito da un tunnel di 6 anni di paura e preoccupazione, tra cure ed emodialisi. Contavo di uscire qualche giorno fa dall'ospedale, ma i medici hanno deciso che era meglio trattenermi ancora, per ulteriori garanzie sulle mie condizioni - racconta Ivan, ambulante, sposato, due figli -. E l'altro giorno mi hanno detto: ti trasferiamo nel nuovo ospedale.  «Sono pronto, con voi andrei ovunque: siete bravissimi»

«In un battibaleno mi sono ritrovato qui: un lusso, davvero, qui si sta come in paradiso. Un'emozione, che, dice Ivan, è stata più forte di quella provata per il trapianto: «Proprio così: come si fa a non emozionarsi in un posto simile!».

Giuseppe Remuzzi, direttore della Nefrologia dei Riuniti e del Negri Bergamo, ha sottolineato con una vena pungente: «Ben venga il trasloco al nuovo ospedale, ma più che ai muri bisogna pensare alle idee, ovvero a un nuovo modo di pensare la sanità che deve salvaguardare e sviluppare le eccellenze e le professionalità».

«Il nuovo ospedale è da lodare perché è ergonomico, peccato che gli architetti che l'hanno concepito non sappiano che ai malati piace veder le piante crescere». Il riferimento di Remuzzi è al Centro dialisi che non ha nessuna finestra.

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