Provincia, si prova il telelavoro
per 6 dipendenti l'ufficio è a casa

La Provincia di Bergamo parte con il telelavoro. La decisione, assunta dalla giunta provinciale, consentirà ad alcuni dipendenti di lavorare da casa o da altra postazione più vicina al domicilio rispetto alla sede di lavoro abituale. Si comincia con 6 persone.

La Provincia di Bergamo parte con il telelavoro. La decisione, assunta dalla giunta provinciale, consentirà ad alcuni dipendenti di lavorare da casa o da altra postazione più vicina al domicilio rispetto alla sede di lavoro abituale.

Si tratta di un progetto che viene avviato in modo «sperimentale» e che, nell'effettiva attuazione – rimessa ai dirigenti di riferimento – prevede attualmente il coinvolgimento di sei dipendenti che hanno aderito su base volontaria alla proposta formulata.

Il dirigente, in accordo con il dipendente, individuerà le attività e le giornate di lavoro telelavorabili (al massimo due a settimana), per un periodo iniziale di durata variabile da 1 a 6 mesi, dopodiché, in base ai risultati ottenuti, l'esperienza potrà essere prorogata o meno.

La proposta di introdurre il telelavoro in Provincia è stata inserita nell'ambito della progettazione del Piano delle azioni positive elaborato per il triennio 2012/2014 dal settore Organizzazione risorse umane/servizio Gestione giuridico-amministrativa, ed è stata fortemente voluta e sostenuta dal Cug, il Comitato unico di garanzia, che ha intravisto in questa nuova modalità di svolgimento della prestazione di lavoro un'opportunità rilevante per agevolare i dipendenti nella conciliazione dei tempi di vita e lavoro.

«Abbiamo definito le linee guida necessarie per poter accedere al telelavoro, per garantire al contempo la piena funzionalità dei servizi ed evitare eventuali disagi sia per gli utenti che per i colleghi. Inoltre il progetto – è utile sottolinearlo in tempi di Spending Review - non comporterà oneri aggiuntivi per la Provincia»-. È quanto ha spiegato il direttore generale Benedetto Passarello.

I candidati ideali sono quindi quei dipendenti che svolgono attività facilmente eseguibili autonomamente e a distanza (ad esempio specifiche progettazioni, programmazione informatica, inserimento dati...) che richiedono cioè limitate interazioni con colleghi e superiori (normalmente per telefono o e-mail), e che si prestano inoltre a un facile monitoraggio sia in termini di efficienza che di efficacia dei risultati prodotti.

«La progettazione del Piano delle azioni positive - spiega la dirigente del personale Giuseppina Pettini - ci ha consentito di individuare la potenzialità del telelavoro quale ulteriore strumento per la gestione flessibile del rapporto di lavoro. L' obiettivo che si intende perseguire è duplice, da un lato la salvaguardia delle esigenze dei dipendenti ad una miglior conciliazione della vita familiare e sociale con quella professionale, dall'altro la salvaguardia del buon funzionamento dell'ente, per il quale si ipotizza la contrazione delle richieste di lavoro part-time; al termine del periodo di sperimentazione un'apposita unità di progetto verificherà i risultati ottenuti e gli eventuali correttivi da apportare. Si tratta quindi di dare un'opportunità all'organizzazione, per trasformare aspetti di criticità (quale ad esempio l'organizzazione del tempo lavoro) in punti di forza strategica, posto che la conciliazione dei tempi di vita e lavoro – se ben gestita – può contribuire al processo di fidelizzazione del personale, aumentare l'apporto e la produttività individuale e, di conseguenza, migliorare la  performance a livello di ente».

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