Beni immobiliari della Diocesi
Fondo di investimento per gestirli

La Diocesi di Bergamo ha costituito un fondo immobiliare di investimento per la gestione di parte del suo patrimonio immobiliare.

La Diocesi di Bergamo, insieme a Sesaab Spa e ad alcuni enti diocesani, fondazioni e parrocchie della Chiesa bergamasca, ha costituito un fondo immobiliare di investimento per la gestione di parte del suo patrimonio immobiliare, per un valore complessivo di 107 milioni di euro. Si tratta di un cambiamento importante per la sussistenza del patrimonio realizzato negli anni dalla comunità che si riconosce nella Chiesa bergamasca.

Una scelta che garantisce, nelle intenzioni dei sottoscrittori, il perseguimento delle finalità e l'adesione ai valori originari di chi contribuì alla formazione di quel patrimonio. Abbiamo chiesto all'economo della diocesi, delegato per le attività economiche, monsignor Lucio Carminati di spiegare i contenuti di questo cambiamento. «Il motivo è semplice: riteniamo che il fondo sia lo strumento più adeguato per gestire una certa tipologia di immobili - spiega monsignor Carminati -. In questi anni sono cambiate molte cose nel panorama immobiliare. Prima di tutto c'è stata una crisi generale, che continua ancora oggi, e che ha modificato i valori di mercato. Alcuni immobili sono diventati obsoleti o non sono più adeguati, altri ancora hanno cambiato destinazione d'uso nei piani regolatori dei Comuni oppure non si trovano più in posizione strategica. Infine, c'è anche il caso di quegli immobili che, mentre prima costituivano una fonte economica per le attività della Chiesa, adesso distraggono risorse importanti a causa dei loro alti costi di gestione».

Questo fondo, spoega ancora mons. Carminati, «permette alla Diocesi e agli enti che hanno aderito di ottenere un'immediata liquidità (pari al 40% del valore stimato, ndr) sui beni alienabili che hanno convogliato nel fondo. Inoltre, attraverso la cessione dei diritti di superficie dei fabbricati ritenuti strategici e/o inalienabili (ad esempio palazzo Rezzara e le case di riposo di Casazza e Scanzorosciate, ndr), consente da un lato di ottimizzare l'amministrazione, affidandola a personale specializzato e controllato, dall'altro alla Diocesi e agli altri enti di occuparsi precipuamente della loro mission, che non è certamente l'attività immobiliare».

Per saperne di più leggi l'intervista su L'Eco di Bergamo del 2 gennaio

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