Colpi di pistola, altro che malavita
Erano per vendicare un cagnolino

Quando i carabinieri iniziarono le indagini, pensarono a infiltrazioni della malavita organizzata. Altro che pizzo: quella brutta storia con colpi di pistola – conclusero – era nata in realtà per colpa degli escrementi lasciati da un cagnolino.

Quando i carabinieri iniziarono le indagini, pensarono a infiltrazioni della malavita organizzata. Credevano che anche a Calusco d'Adda qualcuno fosse arrivato a chiedere il pizzo ai commercianti, a suon di revolverate contro le saracinesche dei negozi. Non si spiegava, altrimenti, il perché qualcuno aveva preso di mira per ben due volte la vetrina della Gioielleria Airoldi, nel centro del paese, sparando nottetempo colpi di pistola contro le vetrine. Gli investigatori fecero appostamenti, intercettazioni telefoniche, installarono telecamere.

Nel corso delle indagini, però, si accorsero con sorpresa di essere fuori strada. Altro che pizzo: quella brutta storia - conclusero - era nata in realtà per colpa degli escrementi lasciati da un cagnolino di nome «Bimba». Gli spari al negozio Le pistolettate risalgono alle serate del 20 e del 24 febbraio 2010. Dopo aver vagliato in lungo e in largo, senza successo, inquietanti ipotesi di ramificazioni mafiose nell'Isola, improvvisamente gli inquirenti s'imbatterono in un dettaglio che attirò la loro attenzione. Scoprirono che tempo addietro il gioielliere Fausto Airoldi aveva avuto qualche screzio con una famiglia residente a una cinquantina di metri dal suo negozio. Motivo? Il loro cagnolino, un volpino di piccola taglia di nome «Bimba», era solito gironzolare libero nel rione e lasciare qualche «ricordino» qua e là, anche nei pressi della gioielleria, suscitando il disappunto del commerciante.

«Un giorno - ha raccontato a verbale il proprietario del cagnolino - il gioielliere rimproverò aspramente mia moglie e mia figlia, di 6 anni: le trovai in lacrime al mio rientro a casa». Qualche tempo dopo, il cagnolino fu portato d'urgenza dal veterinario, perché stava male: «Ha ingerito veleno per topi», fu il verdetto del medico. Nel giro di qualche ora, «Bimba» morì. La famiglia sospettava che dietro il decesso improvviso dell'animale potesse esserci la mano del gioielliere, visti i rimproveri rivolti in precedenza dal commerciante, per la questione degli escrementi. Ma solo di un vago sospetto si è sempre trattato, nulla di più: non c'è mai stata infatti nessuna denuncia in proposito nei confronti del commerciante, né tantomeno la circostanza ha mai avuto riscontri.

Fatto sta però che, un giorno, il proprietario del cane parlò dell'episodio (e dei suoi sospetti) a un suo conoscente, V. C., 52 anni, di Calusco. Gli disse che la figlioletta, di soli 6 anni, dopo la morte di «Bimba» era disperata e aveva pianto per un mese di fila. Non voleva più vedere nessuno e dovettero darle anche dei calmanti omeopatici perché di notte faticava a prender sonno. V. C. rimase così colpito dalla storia, che decise di dare una lezione al gioielliere: «Senza dire nulla al mio amico proprietario del cane - racconterà poi a verbale agli inquirenti - decisi di "vendicare" la morte dell'animale. Comprai una pistola (poi risultata rubata, ndr) in un campo rom a Milano e poi sparai contro le vetrine del negozio». Una prima volta, secondo le accuse, lo fece da solo, passando davanti alla gioielleria con la sua auto. La seconda in compagnia di un conoscente, 46 anni, di Solza, con la macchina di quest'ultimo. Per entrambi il pm Carmen Santoro ha chiesto il rinvio a giudizio: minacce aggravate e ricettazione di arma da fuoco sono le accuse.

Per la sola ricettazione e detenzione abusiva di armi il pm ha chiesto il rinvio a giudizio anche di altri due uomini, 55 e 51 anni, di Medolago e Calusco, che sarebbero entrati in possesso successivamente delle pistole utilizzate per gli spari alla gioielleria. Giovedì in tribunale era in programma l'udienza preliminare, di fronte al gup Bianca Maria Bianchi, che però ha rinviato al 23 aprile, per il legittimo impedimento di uno degli avvocati difensori.

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