Imprese, dati choc a gennaio:
1.539 in meno, mai era accaduto

La crisi ha dato un'ulteriore pesante colpo alle imprese bergamasche: il numero è calato dell'1,3%. Lo dicono i dati dell'Osservatorio della Camera di Commercio: le cessazioni a gennaio sono state 1.539, il valore più alto della serie storica disponibile.

La crisi ha dato un'ulteriore pesante colpo alle imprese il provincia di Bergamo: il numero complessivo è calato dell'1,3%. Lo dicono i dati dell'Osservatorio della Camera di Commercio: le cessazioni presentate a gennaio sono state 1.539, il valore più alto della serie storica disponibile.

La riduzione dello stock di imprese operative già emersa nei dati del consuntivo annuale 2012 - spiega il comunicato della Cciaa - prosegue anche nel mese di gennaio, a Bergamo come quasi ovunque in Italia. Come noto, nel passaggio d'anno, tra dicembre e febbraio, il Registro Imprese riceve un picco “stagionale” di denunce di cessazione.

Al netto della stagionalità, confrontando quindi i dati su base annuale, si osserva un ulteriore marcato calo della consistenza delle imprese operative: a Bergamo del -1,3% contro un dato medio nazionale del -0,8% e del –0.7% in Lombardia.

La flessione è determinata da un brusco incremento delle cessazioni presentate a gennaio (1.539, il valore più alto della serie storica disponibile) mentre le nuove iscrizioni (639) non si discostano di molto dai valori medi del mese.

Se consideriamo i flussi cumulati dei due mesi di dicembre 2012 e gennaio 2013 (con denunce riguardanti in larghissima misura il 2012) il saldo negativo è di oltre 1.200 imprese, quasi due volte la perdita accumulatasi nel passaggio di fine 2008 con i primi contraccolpi della crisi internazionale e più del doppio rispetto all'analogo periodo di un anno fa.

Si deve anche considerare che tra dicembre e gennaio oltre 600 imprese sono entrate nelle fasi critiche dello scioglimento, messa in liquidazione o fallimento. L'emorragia di imprese riguarda, secondo una tendenza in corso da tempo, le imprese individuali e le società di persone, non le società di capitale (che tuttavia accusano anch'esse una limatura a fine anno) e non le altre forme giuridiche, in gran parte cooperative.

Una ricomposizione delle imprese, verso forme giuridiche più robuste e capitalizzate, è certo all'opera ma pare realizzarsi per via di una dura selezione delle imprese minori più che attraverso una loro crescita.

La crisi colpisce poi in modo differenziato i settori: l'edilizia (a gennaio -4,6% su base annua) e le attività manifatturiere (-2,4%) soffrono le perdite maggiori. In flessione anche attività estrattive, agricoltura e, tendenza più recente, alcuni settori dei servizi (le altre attività di servizi prevalentemente rivolte alle famiglie, e alcuni comparti dei servizi alle imprese).

Complessivamente, nove settori su diciotto registrano variazioni negative. Tiene il complesso delle attività commerciali (all'ingrosso, al dettaglio e l'intermediazione), crescono i servizi turistici, le utilities, i trasporti e, con incrementi modesti in valore assoluto, altre attività di servizi collettivi.

Tutti i dati sono nell'allegato

© RIPRODUZIONE RISERVATA