Yara, il capo di Fikri è sicuro:
lui non c'entra, stanno sbagliando

La voce all'altro capo del telefono è pacata e lui, Roberto Benozzo, ex datore di lavoro di Mohammed Fikri, non si sottrae alle domande per ribadire ancora una volta la sua posizione: «Gli inquirenti insistono a indagare sulla persona sbagliata».

La voce all'altro capo del telefono è pacata e lui, Roberto Benozzo, ex datore di lavoro di Mohammed Fikri, non si sottrae alle domande per ribadire ancora una volta la sua posizione: «Gli inquirenti insistono a indagare sulla persona sbagliata, mi spiace per loro e per la famiglia di Yara: Mohammed non ha visto nulla e non sa nulla, ci metto la mano sul fuoco».

Benozzo, titolare di un'impresa individuale a Santa Giustina in Colle (Padova) specializzata nella realizzazione di pavimenti, lavorava insieme al suo operaio Mohammed Fikri nel cantiere ex Sobea di Mapello la sera in cui Yara fu rapita. Era il 26 novembre del 2010 e a distanza di due anni - pur non essendo mai finito nel registro degli indagati e tuttora estraneo ai sospetti - non riesce a scrollarsi di dosso questa dolorosa vicenda.

Signor Benozzo, il giudice delle indagini preliminari ha ormai stabilito che Fikri non ha ucciso nessuno e ha archiviato l'accusa di omicidio contro di lui. Ma ha disposto l'apertura di un nuovo fascicolo per favoreggiamento, ipotizzando che forse l'operaio possa sapere qualcosa sul delitto di Yara e che fino ad oggi l'abbia tenuto nascosto. Cosa ne pensa?
«Mi spiace molto, ma stanno sbagliando tutto. Continuando ad indagare sulla pista di Fikri, a mio parere, sono proprio fuori strada».

Perché ne è tanto sicuro?
«Perché se avesse saputo qualcosa lui, avrei saputo qualcosa anche io. Invece quella sera non abbiamo visto proprio niente e non sappiamo nulla. Altrimenti state certi che lo avrei detto agli inquirenti. Se avessimo potuto dare una mano all'inchiesta, lo avremmo fatto. La mia impressione è che, non avendo null'altro in mano, si accaniscano in questa direzione».

Quella maledetta sera stavate lavorando al cantiere di Mapello, poi andaste a mangiare al ristorante «Le Vele» di Bonate Sotto.
«È corretto. Quella sera noi non ci siamo mai separati. Abbiamo lavorato, poi siamo andati a mangiare al ristorante, quindi siamo tornati a lavorare. Gli unici frangenti in cui ci siamo separati sono stati quando io sono andato a riposare (a turno i due facevano pausa coricandosi nel furgone, ndr). Era da cinque anni che Fikri lavorava con me ed eravamo in un rapporto di tale confidenza, che se avesse saputo o visto qualcosa me ne sarei accorto o me lo avrebbe detto. E poi lo avremmo detto agli inquirenti».

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