Mons. Luigi Ginami a New York
«Americani attoniti per il Papa»

«Con gli occhi ancora intorpiditi dal sonno ho acceso l'iPad nella mia stanza in hotel. Mi trovavo a Manhattan per la Fondazione Santina Zucchinelli: avevo in programma incontri con alcuni editori dei miei libri su mia madre. Come ogni mattina sono andato sul sito della Sala Stampa e un brivido mi ha percorso la schiena leggendo la rinuncia al pontificato di Benedetto XVI».

Così il bergamasco monsignor Luigi Ginami, in servizio alla Segreteria di Stato del Vaticano, ha appreso la notizia delle dimissioni del Papa.

Come ha reagito di fronte a questo annuncio? «Una bomba è esplosa nel mio cuore: tutte le tv americane hanno rilanciato la notizia forse più sconcertante di questo millennio. Ho riletto il testo del papa per ben cinque volte, cercando di scavarlo, di approfondire ogni frase e l'ho trovato essenziale e sobrio».

E gli americani cosa hanno pensato?
«Uscito per strada, per prendere un caffè, il messicano che mi ha servito al banco stava parlando concitatamente con il collega in spagnolo: "Ma come è possibile, il Papa si è dimesso?". All'edicola la stessa litania, una ragazza indiana parlava delle dimissioni del Papa; sulla Quinta Avenue un poliziotto conversava con un uomo d'affari del Pontefice, una coreana venditrice di Hot dog faceva la stessa cosa».

Cosa l'ha colpita di più in quei momenti?
«Alla Cattedrale di San Patrizio c'erano troupe tv avide di notizie che interrogavano i fedeli che si recano a Messa o a pregare. Ho pensato: non sono nella cattolica Italia e nella cattolicissima Roma, sono lontanissimo, in una città che forse non si può più dire cristiana, ma proprio a New York, proprio in questa metropoli tale notizia occupa i discorsi di tutti».

Cosa ha letto nelle parole del Papa?
«Che ci troviamo di fronte a un Papa anziano, stanco provato nelle forze fisiche e spirituali, a un uomo che proclama la sua debolezza e limitatezza. Ma questo uomo, debole e fragile, è un uomo potente, detiene nella Chiesa un potere immenso, il potere delle chiavi di Pietro. Nessun sulla terra può godere di un potere tale, che porta la Parola autorevole del Sommo Pontefice a livello di dogma. Un potere che mette i brividi, che inebria e può ubriacare. La gente ti chiama Santo, ancora prima di morire: Santo Padre, Sua Santità. Per chi diventa Papa, penso che questo potere possa essere una forte tentazione demoniaca coperta da uno strato di sacralità».

Con questo gesto Benedetto XVI ha voluto darci un'altra lezione?
«Ci ha insegnato il Vangelo, più che con tutti i suoi dotti scritti e tutte le sue omelie ed encicliche. Con questo scritto ci ha testimoniato che "quando sono debole è allora che sono forte". Che è anche il titolo del mio libro dedicato all'esperienza umana e spirituale di mia madre sofferente, mancata da poco».

La convincono le motivazioni del Papa nel dimettersi?
«Certo e anche la gente di New York, la semplice gente di strada, non importa se cristiana, musulmana o atea ha visto dietro questa decisione un gigante che non agisce secondo le logiche del mondo, ma secondo una logica di preghiera che adegua la propria vita alla logica del Crocifisso e che proprio a partire da lì ha una forza di evangelizzazione incredibile».

Lei ha incontrato il cardinale Timothy Michael Dolan, uno dei papabili, cosa vi siete detti?
«Il cardinale è un autentico Pastore e si è rivelato un uomo di grande fede. Proprio nella debolezza dell'anziano Pontefice e nella sua decisione di dimissioni ha scoperto il dinamismo più vivace della Chiesa oggi e proprio con queste parole ha parlato anche ai fedeli riuniti in Cattedrale il giorno delle ceneri».

Qual è il suo ultimo ricordo personale del Papa?
«Avevo chiesto a Lui di commentare un passaggio nella mia Bibbia. Ha scelto questa frase per me: Maranatha, Vieni Signore Gesù… e alla luce dei recenti fatti penso proprio che Benedetto XVI viva orientato in questo modo».

Emanuele Roncalli


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