Cronaca
Martedì 12 Marzo 2013
Alberi diventati monumenti
Ora li protegge una legge
C'è la storia triste del grande platano che si stagliava davanti al castello di Cavernago: i suoi rami allungati verso la strada furono considerati un pericolo per il traffico automobilistico e, indebolito dalle potature, finì per essere abbattuto negli anni '70.
C'è la storia triste del grande platano che si stagliava davanti al castello di Cavernago: i suoi rami allungati verso la strada furono considerati un pericolo per il traffico automobilistico e, indebolito dalle potature, finì per essere abbattuto negli anni '70. Aveva 180 anni.
Poi c'è il cedro di Palazzo Brembati, in città, presenza di spicco nel paesaggio dentro le Mura, che dovette essere tagliato nel 2003 perché ammalato. E poi ci son quelli che molti, su e giù per la Bergamasca, conoscono e amano, come il «Pinetù» di Roncobello, un abete bianco su cui un giovane morto in guerra aveva inciso il proprio nome. Il papà, per serbare il ricordo, acquistò la pianta, salvandola dall'abbattimento in un'area in cui lo sfruttamento del bosco è sempre stato attivo.
Ma l'elenco potrebbe continuare: dal bel platano fuori dal cimitero di Casirate, al cedro dell'Himalaya nel parco della Villa Agliardi, a Paladina, passando per il super faggio (il «Fò Grant») di Brumano. Alberi splendidi, legati a vicende storiche o a paesaggi che si stampano indelebili nella memoria. Alberi «monumentali», che adesso una legge protegge, mettendone nero su bianco l'importanza.
Lo dice l'articolo 7 delle nuove «Norme per lo sviluppo degli spazi verdi urbani», pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale a metà gennaio: gli alberi di particolare pregio, maestosità o longevità, o che rappresentano un riferimento storico e culturale sul territorio, o che sono inseriti in particolari complessi architettonici (dalle ville ai monasteri) andranno censiti dai Comuni, e trascritti in uno speciale elenco (raccolto dalle Regioni e trasmesso al Corpo forestale dello Stato) che li tutela: abbattere o danneggiare queste piante (salvo particolari autorizzazioni, in casi motivati) comporterà sanzioni salate, fino a 100 mila euro.
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