Polemica sul rifiuto al diabetico
«Uno schiaffo per tutta la società»

«Uno schiaffo, per tutta la società civile». La Società italiana di Diabetologia non usa mezzi termini, nel commentare la vicenda del giovane di Calcinate che si è visto rifiutare il posto di portalettere perché diabetico.

«Uno schiaffo, non solo per le persone con diabete ma per tutta la società civile, in un Paese tra quelli più evoluti del mondo e in una Regione, la Lombardia, tra le più all'avanguardia d'Italia». La Società italiana di Diabetologia non usa mezzi termini, nel commentare la vicenda del giovane di Calcinate di 22 anni che si è visto rifiutare il posto di portalettere perché diabetico, nonostante i medici gli abbiano detto che può svolgere qualunque tipo di lavoro. Il ragazzo ha denunciato la vicenda attraverso l'associazione «Diabete onlus». 

Aintervenire è anche la Società di Diabetologia, parlando di «pagina nera per le tante persone con diabete, e in particolare per le oltre 250 mila che convivono col diabete di tipo 1». «Il "difetto" del nostro aspirante postino precario – scrive la Società in un comunicato – è infatti quello di essere affetto da diabete di tipo 1 dal 2008. E a nulla sono valse le dichiarazioni del suo diabetologo dell'ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo e la certificazione che il giovane non abbia alcun problema particolare e possa dunque svolgere qualsiasi lavoro perché in buone condizioni di salute».

Ironia della sorte, prosegue la nota, «il ragazzo è in trattamento con un microinfusore, una sorta di lettore di MP3, come lui stesso lo definisce, che si porta appeso alla cintura e che gli eroga sottocute le unità di insulina di cui ha bisogno durante il giorno. Si tratta di una delle terapie più avanzate per il diabete, frutto di tecnologie sofisticate e molto avanzate». Il giovane ha già svolto altri lavori in passato, e attualmente fa il pony pizza. Ora voleva cogliere questa opportunità: tre mesi da portalettere, con un contratto da 1.100 euro al mese. L'ufficio stampa di Poste italiane si è riservato di approfondire il caso.

Per saperne di più leggi L'Eco di Bergamo del 24 marzo

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