«Il maresciallo distrusse le prove»
Il gup: no, solo violata custodia

Un anno di reclusione, pena sospesa e non menzione della condanna, e reato ricondotto unicamente alla violazione della pubblica custodia di cose. Così ha deciso il gup per l'ex maresciallo dei carabinieri di Albino accusato di aver distrutto elementi di prova di una rapina.

Un anno di reclusione, con beneficio della pena sospesa e della non menzione della condanna, con attenuanti prevalenti sull'aggravante che gli veniva contestata, e reato ricondotto unicamente alla violazione della pubblica custodia di cose.

È terminata così l'udienza preliminare nei confronti dell'ex maresciallo della caserma dei carabinieri di Albino P. A. G., 55 anni, ora in pensione, che secondo l'accusa avrebbe fatto sparire distruggendoli elementi di prova (tracce ematiche e impronte digitali) legati a una rapina avvenuta in una villetta di Comenduno, frazione di Albino, quando lui era comandante della stazione.

Il pm Maria Cristina Rota lo aveva indagato per i reati di soppressione, occultamento e distruzione di atti veri, omissione d'atti d'ufficio e violazione della pubblica custodia di cose.

Di diverso avviso il giudice dell'udienza preliminare Tino Palestra, che in sede di rito abbreviato ha infatti assorbito nell'ultimo reato anche gli altri due, più gravi.

Il carabiniere si è sempre difeso respingendo l'accusa e spiegando come uno dei reperti (le tracce di presunto sangue trovate nella villetta e, secondo l'ipotesi, appartenenti a uno dei rapinatori) fosse andato involontariamente perduto, mentre l'altro rilievo (cioè quello relativo al ritrovamento di impronte digitali) non fosse addirittura mai stato effettuato.

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