Morì dopo laparoscopia
Il giallo del telefono muto 3 giorni

Il telefono di Patrizia Rodi restò muto per tre giorni. Quanto bastò per farla arrivare a uno stato ormai irreversibile, dopo l'operazione subita in laparoscopia in una clinica di Brescia. I giudici leggono un comportamento quantomeno sospetto, riconducibile al marito.

Il telefono di Patrizia Rodi restò muto per tre giorni. Quanto bastò per farla arrivare a uno stato ormai irreversibile, dopo l'operazione subita in laparoscopia in una clinica di Brescia. In questo silenzio prolungato e insolito per la trentatreenne, titolare di un negozio di antiquariato in Borgo Santa Caterina, che morì dopo tre mesi di agonia, i giudici leggono un comportamento quantomeno sospetto, riconducibile al marito della donna, Massimiliano Tomezzoli assolto per omicidio colposo, ma poi tornato a essere indagato per omicidio volontario su disposizione della corte d'appello.

Un buco che sarebbe addebitabile - secondo i magistrati - alla volontà del marito di non farle avere contatti e relazioni con l'esterno. Nemmeno con il medico, quando la sera delle dimissioni Patrizia accusò dolori atroci all'addome con vomito.

Il difensore di Tomezzoli, l'avvocato Flaminio Maffettini, annuncia l'impugnazione della sentenza. «Il mio assistito è tranquillo - ha affermato -, ma al dolore per aver perso la moglie ora si somma quello di esser indicato, dopo l'assoluzione dei medici che la operarono e dimisero, come il solo responsabile della morte della donna».

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