Più di 2 milioni di giovani (23,9%)
non hanno un lavoro, né studiano

«Il rischio concreto è che un'intera generazione venga spinta ai margini della società e dello Stato, con conseguenze gravi sull'economia e sulla fiducia nei confronti del futuro e del proprio paese, conseguenze che possono anche minare la coesione sociale».

«Il rischio concreto è che un'intera generazione venga spinta ai margini della società e dello Stato, con conseguenze gravi sull'economia, com'è evidente, e sulla fiducia nei confronti del futuro e del proprio paese, conseguenze che possono anche minare la coesione sociale».

Così il coordinatore nazionale di Anci Giovani e sindaco di Dogliani, Nicola Chionetti, commenta al sito dell'Anci il rapporto annuale dell'Istat, secondo cui l'Italia ha «la quota più alta d'Europa» di giovani tra i 15 e i 29 anni che né lavorano, né studiano.

«Nel 2012 infatti il numero dei ragazzi, chiamati Neet (Not in education, employment or training), è salito a 2 milioni e 250 mila, dopo che il tasso di disoccupazione tra i giovani è aumentato di 5 punti percentuali dal 2011 al 2012», argomenta Chionetti.

Che sottolinea come «l'altro elemento drammatico riguarda la percentuale dei giovani (tra i 20 e i 34, laureati o diplomati) che entro tre anni dalla conclusione del proprio ciclo di studi trovano occupazione, cioè il 57,6 per cento rispetto alla media europea del 77 per cento».

«Penso che in questo momento sia necessario concentrarci sia sulle misure per superare questa fase di emergenza economica sia sul modello di Paese che vogliamo per il domani. Ed è per questo che l'Anci Giovani - ricorda il leader degli amministratori under 35 - vuole dare il proprio contributo relativamente al ruolo che i Comuni e, più in generale, le autonomie locali devono ricoprire per contribuire il più possibile alla creazione di possibilità di sviluppo e lavoro, nella convinzione che per fare ciò ci si debba sforzare di immaginare una pubblica amministrazione moderna e anche innovativa».

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