Addio a Franco Morotti
una vita tra l'Atalanta e l'Alzano

È morto Franco Morotti. È morto per una crisi improvvisa lunedì sera 27 maggio poco dopo le 20 mentre stava seguendo in televisione una gara di tennis internazionale. Ci ha lasciato un personaggio di grande valore, un galantuomo, un serio professionista.

È morto lunedì sera dopo una lunga malattia, nella sua abitazione di Alzano, Franco Morotti: 71 anni (era nato il 6 settembre 1941), 40 vissuti nel calcio bergamasco da dirigente, prima nell'Atalanta (consigliere e quindi amministratore delegato dal 1976 all'88) e poi nell'Alzano, in 16 anni dalla Terza categoria alla serie B.

Commercialista, Morotti è stato amministratore delegato di Bergamo Tv e Radio Alta e attualmente era presidente del Collegio sindacale di Bergamo Tv. Lascia la moglie Gianna Manzoni e i figli Laura e Marco

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È morto Franco Morotti. È morto per una crisi improvvisa ieri sera poco dopo le 20 mentre stava seguendo in televisione una gara di tennis internazionale. Ci ha lasciato un personaggio di grande valore, un galantuomo, un serio professionista, che si era fatto da solo, assumendosi la responsabilità di creare un importante struttura in quel di Trezzo d'Adda. L'aveva creata dal nulla, ma aveva conquistato la stima di una infinità di persone e di aziende. Nonostante i suoi molteplici impegni, era sempre riuscito a ritagliarsi uno spazio per essere utile agli altri, alla comunità. Per alcuni anni era stato presidente provinciale della Croce Rossa. Era stimato da tutti e con le istituzioni aveva creato un grande rapporto.

Era un grande appassionato di calcio. Ed è su questo che mi vorrei soffermare perché ho condiviso la sua passione, perché ho avuto modo di seguirlo in ogni sua attività sportiva. Il calcio lo aveva praticato da ragazzo e ha continuato a praticarlo sino ad un paio d'anni fa quando si ritrovava con gli amici sul campetto dell'Excelsior. La sua grande passione era l'Atalanta. Non perdeva una partita ancor prima di assumere un ruolo dirigenziale. Enzo Sensi lo aveva avvicinato alla società e nel '75 Achille Bortolotti gli aveva affidato la carica di amministratore delegato. Era diventato il suo uomo di fiducia per tutti gli aspetti amministrativi della società. L'uomo dei bilanci che sapeva intrattenere comunque rapporti cordiali con tutti. Giocatori compresi con i quali discuteva di ingaggi.

Negli anni '80 era riuscito a riavvicinare alla società Miro Radici che aveva acquistato il 50% del pacchetto azionario ma ponendo una condizionie: l'operazione deve rimanere segreta. Franco Morotti era diventato un punto di riferimento importante e lo è stato sino al 1986 quando nell'operazione che aveva portato alla cessione di Donadoni al Milan gli aveva creato qualche frizione con Achille Bortolotti che voleva privilegiare la cessione del giocatore alla Juventus. Diede le dimissioni ma fu subito costretto a ritirarle, ma all'Atalanta ci rimase solo per altre due stagioni.

Poi decise di lasciare la società costruendo la «favola» dell'Alzano-Virescit che riuscì a portare in serie B a competere con l'Atalanta, la sua Atalanta nella stagione 1990-2000. Chissà cosa avrebbe dato per vincere il derby contro la squadra che amava, che aveva continuato ad amare anche da avversario. Fu anche dirigente in Federcalcio per la serie C, poi decise di lasciare ogni ruolo dirigenziale in ambito sportivo. Ma lo sport aveva continuato a praticarlo. Continuò a seguire la sua Atalanta, ogni domenica, fino a circa un anno fa quando sperava di aver vinto «con l'aiuto del Signore» (lo ripeteva sempre) la sua battaglia con il grave malanno che lo aveva colpito improvvisamente.

Poi la ricaduta. Da circa sei mesi viveva in casa con la sua Gianna che adorava, lasciando alla figlia la sua Laura (della quale era orgoglioso) la responsabilità di guidare lo studio professionale (in collaborazione con il fratello Marco), come è riuscita a fare e sta facendo in modo esemplare. Ha lottato sino all'ultimo convinto di poter vincere la sua nuova battaglia. Non ce l'ha fatta. Ciao Franco, amico del cuore, questo ricordo non l'avrei mai voluto scrivere.

Elio Corbani

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