Scuolabus a pagamento
Basella in rivolta: discriminati

È ancora scontro a Urgnano, sul pagamento dello scuolabus per gli alunni della frazione Basella che frequentano la scuola media nel capoluogo. Tutto parte dalla decisione di far pagare il servizio di trasporto, gratuito fino all'anno scolastico 2011-2012.

È ancora scontro a Urgnano, sul pagamento dello scuolabus per gli alunni della frazione Basella che frequentano la scuola media nel capoluogo. La decisione di far pagare il servizio di trasporto, gratuito fino all'anno scolastico 2011-2012, era stata presa dal commissario prefettizio nell'ambito della politica di tagli alle spese per fronteggiare le difficoltà di bilancio, e confermata dall'amministrazione del sindaco Efrem Epizoi. Ma i residenti hanno sempre mal digerito la scelta, evidenziando come i quattro chilometri di distanza, e l'assenza di servizi nella frazione, fossero un fattore discriminante.

E lo scuolabus è stato anche uno dei principali argomenti al centro dell'assemblea pubblica organizzata dal comitato per Basella, alla presenza dell'amministrazione comunale, alla quale hanno partecipato circa 150 residenti.

«La discriminazione per i basellesi è evidente – ha detto l'ex consigliere comunale Olivo Campana – e non solo per i quattro chilometri di strada, senza pista ciclabile, che separano la frazione dalla scuola media. La vera discriminante è che Basella sta pagando anche per i bambini di Urgnano ma nessuno lo dice. Infatti, noi paghiamo circa 8.000 euro l'anno ma la spesa che il Comune sostiene è almeno il triplo, perché il grosso dell'esborso è dato dai bambini che usano lo scuolabus per raggiungere la scuola elementare. E siccome a Basella la scuola elementare c'è, non riteniamo corretto dover pagare anche per un servizio che non utilizziamo».

Il sindaco Epizoi ha esordito spiegando che, a causa del crollo dei trasferimenti statali e delle entrate da oneri «dobbiamo gestire lo stesso Comune e garantire tutti i servizi con 3 milioni in meno rispetto a due anni fa».

Per saperne di più leggi L'Eco di Bergamo del 5 giugno

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