«Il lago d'Iseo e la Val Calepio
fanno da sfondo a Monna Lisa»

Volendo, ci si può soffermare. Un po' perché tra i tesori di Elisabetta II, nella Royal Library del castello di Windsor, lo Schizzo del fiume Oglio e del lago d'Iseo è la carta canta che Leonardo dalle nostre parti sia transitato e che, anzi, ci abbia soggiornato.

Volendo, ci si può soffermare. Un po' perché tra i tesori di Elisabetta II, nella Royal Library del castello di Windsor, lo Schizzo del fiume Oglio e del lago d'Iseo è la carta canta che Leonardo dalle nostre parti sia transitato e che, anzi, ci abbia proprio soggiornato, tra la seconda metà del 1499 e il 1500, quando - ingegnere militare di Ludovico il Moro - era ospite a Vaprio dei Melzi d'Eril.

Genio multiforme, scienziato e artista, divide lo Schizzo in tre con altrettante linee orizzontali che tagliano il corso dell'Oglio e del Sebino, indicando così i diversi sistemi geologici di graniti e scisti cristallini in alta Val Camonica, dei sedimenti frammentari sul lago, della pianura alluvionale sul secondo corso del fiume nella valle di Calepio.

Segno che Leonardo s'è fermato a lungo a osservare. Un po' (ci si può soffermare) perché a tutt'oggi non c'è un'attribuzione certa: gli studiosi, anche i più celebri da Martin Kemp a Carlo Pedretti, nemmeno loro hanno risolto con certezza l'enigma che sta alle spalle del mezzo sorriso più celebre della storia, quello ritratto nel quadro «La Gioconda».

L'ipotesi più accreditata è che Leonardo se lo sia immaginato o, almeno, l'abbia composto ricreando un unico luogo mescolandone diversi. Infine, ci si può affezionare agli studi di Sandro Albini, bresciano, ex top manager ospedaliero in pensione, perché sono senza dubbio suggestive le sue comparazioni tra i luoghi che fan da sfondo a Monna Lisa e quel che c'è tra il lago d'Iseo e il bacino dell'Oglio in Val Calepio.

Così suggestive che Carlo Vecce, altro studioso del genio fiorentino, si è detto, in risposta ad Albini, «impressionato per i riscontri fotografici, e ho sempre pensato che in Leonardo la suggestione dei paesaggi lombardi sia stata costante e continua: soprattutto quel senso di fusione fra terra (roccia primordiale) e acqua che solo in certi scorci di laghi e prealpi poteva avere».

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