Congedo di paternità per la P.A.
Una mozione arriva al Pirellone

Una mozione relativa al congedo di paternità obbligatorio e facoltativo a favore dei dipendenti delle Pubbliche amministrazioni è stata depositata lunedì 5 agosto al Pirellone.

Una mozione relativa al congedo di paternità obbligatorio e facoltativo a favore dei dipendenti delle Pubbliche amministrazioni è stata depositata lunedì 5 agosto al Pirellone. Primo firmatario è il consigliere regionale Antonio Saggese, del gruppo consiliare «Maroni Presidente», il quale, attraverso il documento, chiede al presidente di Regione Lombardia e alla Giunta di sollecitare il Ministro per la Pubblica amministrazione e la Semplificazione, affinché venga emanata una specifica normativa per il congedo di paternità dei dipendenti pubblici, ad oggi non concesso.

«L'emancipazione della donna sul lavoro – spiega il consigliere Saggese che è anche vice presidente dell'Associazione Papà separati Lombardia - avviene anche attraverso il coinvolgimento del padre nei compiti di cura dei figli. Avere il tempo per poter fare il padre diventa importante anche nelle coppie separate: i padri, infatti, devono avere la possibilità di essere più presenti nella vita dei loro figli, senza gravare sempre e solo sulle madri. La Legge Fornero del 2012 contiene disposizioni in materia di riforma del mercato del lavoro in una prospettiva di crescita al fine di sostenere la genitorialità. La stessa, in via sperimentale per gli anni 2013-2015, ha previsto che il padre lavoratore dipendente, entro i cinque mesi dalla nascita del figlio, abbia l'obbligo di astenersi dal lavoro per un periodo di un giorno oltre a due facoltativi in accordo con la madre.

«Tale normativa, però – prosegue Saggese - non è direttamente applicabile ai rapporti di lavoro dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni. La sua applicazione è infatti subordinata all'approvazione di un' apposita normativa su iniziativa del Ministro per la Pubblica amministrazione e la Semplificazione».

«Siamo di fronte ad una situazione paradossale – conclude il consigliere regionale – in quanto, senza tale normativa, i padri che lavorano come dipendenti nelle pubbliche amministrazioni vengono privati di un diritto previsto dalla legge e che essi stessi chiedono. In questo modo viene meno il raggiungimento degli obiettivi per cui la legge è stata istituita e non si permette ai genitori di condividere le cure dei figli».

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