Penne nere a Latina
con il cuore all'Aquila

Qualcuno prima o poi dovrà anche trovare un nome scientifico agli alpini. Qualcosa del tipo Omo alpinis o Penna nigra. Qualcosa che esprima al meglio la loro umanità, la loro infinita voglia di tendere la mano a chi ne ha bisogno. E allo stesso tempo di restare uniti, muoversi compatti come un pezzo di granito. Prendi Marco Lampugnani, per esempio. Quarantacinque anni, originario di Seriate, coordinatore nazionale delle telecomunicazioni della Protezione civile dell'Ana e due occhiaie che, sulle sue fatiche più recenti, dicono più di tante parole, dopo un mese trascorso come volontario a L'Aquila non ci ha pensato nemmeno un attimo a tornare a casa. L'adunata era a due passi e lui non se l'è lasciata sfuggire. Così, adesso è qui a Latina, pronto a sfilare assieme ad altre 100 mila Penne nere. «A dire il vero - dice - è stata una scelta difficile, perché il cuore era diviso tra il campo di Monticchio dove mi trovo anche come responsabile logistico della colonna mobile regionale e il gruppo della Protezione civile che sfilerà domani (oggi per chi legge, ndr): come fai a lasciarli da soli?». Già: come fai? Prendi, sfili e torni. E non è solo perché tra L'Aquila e Latina - quella che un tempo si chiamava Littoria e di quel periodo conserva palazzoni grossi e squadrati come giganteschi Lego - sono meno di duecento chilometri.

Quest'anno l'adunata, che cade nel 90° anniversario dal primo raduno sull'Ortigara, ha un sapore un po' diverso. Di mezzo, inutile nasconderlo, c'è proprio il recente terremoto. Chi è stato laggiù, in quell'inferno scatenato dalla scossa delle 3 e 32, all'adunata ci viene anche per ritrovare un po' di serenità. Una specie di tregua nel bel mezzo della battaglia. Non solo Lampugnani, con lui dall'Aquila è arrivato un altro gruppetto di alpini bergamaschi e, in prima fila, domenica 10 maggio ci sono quelle unità cinofile del gruppo Argo di Fiorano al Serio intervenute nelle primissime ore dopo il sisma. Un lavoro preziosissimo il loro. «Non abbiamo tenuto una contabilità precisa - spiega il responsabile nazionale Giovanni Martinelli - perché dopo la segnalazione ai soccorritori, cani e conduttori proseguivano le ricerche per guadagnare tempo. Di sicuro abbiamo ritrovato 5 persone vive e altre 18 morte». A guardarli fanno una tenerezza infinita questi cani. Se «L'Aquila tornerà a volare», come recita lo striscione di un gruppo proveniente dalla provincia abruzzese, il merito sarà anche loro.

Non a caso proprio le unità cinofile saranno in prima fila domenica, assieme al resto dei reparti della Protezione civile. Dietro tutti gli altri, bergamaschi che dovrebbero cominciare la parata attorno alle 13 (diretta su Bergamo Tv a partire dalla stessa ora). Latina caput mundi? Quasi. Perché a dire il vero proprio la capitale sembrerebbe aver rallentato un po' l'afflusso all'adunata: «In molti - conferma Antonio Sarti, presidente della sezione orobica - hanno approfittato della vicinanza con Roma per una sosta prima di raggiungere la sede dell'adunata; dovrebbero comunque arrivare in serata, almeno da Bergamo ci attendiamo la solita grande invasione: diecimila persone». Non mancano nemmeno un paio di «osservatori» della polizia municipale - i commissari Antonio Bonasio e Lorenzo Mapelli - incaricati dall'Amministrazione di supervisionare la manifestazione e raccogliere informazioni utili all'organizzazione orobica. Nel 2010 toccherà finalmente a Bergamo. Non ci si dovrà spostare nemmeno di un chilometro. E, c'è solo da augurarselo, dall'Abruzzo non dovrà rientrare più nessuno.

© RIPRODUZIONE RISERVATA