Il procuratore Dettori:
«Non c'è allarme criminalità»

L'aggressione in Santa Caterina e l'omicidio di Cortenuova hanno matrici diverse. Il procuratore della Repubblica di Bergamo, Francesco Dettori: «Non siamo passati da un'isola felice a un inferno nel giro di pochi giorni».

Dottor Francesco Dettori, procuratore della Repubblica, Bergamo si ritrova sulle prime pagine della cronaca nazionale per due fatti eclatanti, successi a pochi giorni di distanza l'uno dall'altro. Prima la violenza su una ragazza nel centro della città, poi l'esecuzione di un barista a Cortenuova. Qualcuno torna a parlare di allarme criminalità.

«I due episodi hanno matrice diversa. La violenza è stata compiuta da un singolo e, a prima vista, parrebbe qualcosa di non pianificato, l'opera di uno sprovveduto che ha agito nei pressi della propria abitazione, usando la propria vettura. Ovviamente, un episodio grave e da non sottovalutare, ma occasionale».

L'omicidio di Cortenuova?
«Quello, dal punto di vista prettamente criminale, con tutto il rispetto per la giovane che ha subìto la violenza in città e a cui va la nostra vicinanza, è più preoccupante. Dobbiamo ancora stabilire quali connotati abbia».

Le modalità del delitto ricordano le spedizioni punitive della criminalità organizzata.
«Al momento nulla può essere escluso. I carabinieri stanno lavorando».

Alla luce di questi due episodi così gravi, si è indotti a pensare che ci sia stato un salto di qualità del crimine nella nostra provincia.
«Non credo proprio. Non penso che fino al giorno della violenza sulla giovane la Bergamasca fosse un'isola felice e che da allora sia diventata un inferno. I due episodi non sono indice di un unico allarme, di un'unica matrice. Ecco, se ci fossero stati due omicidi della stessa natura o due violenze sessuali ravvicinate, allora sì si poteva ipotizzare il fenomeno preoccupante. Detto questo, è pacifico che non bisogna abbassare la guardia e che bisogna continuare a presidiare il territorio».

La ragazza è stata aggredita in una zona centrale della città.
«Ovvio che è impossibile un presidio del territorio al 100%. E così anche ai cittadini sono richiesti sforzi che a volte sembrano cozzare contro i diritti della persona».

Tipo?
«Le donne sono l'anello debole di una società in cui è parzialmente ancora inculcata l'assurda mentalità della femmina come oggetto del possesso. Lo dico con tutto il rammarico, ma sarebbe bene che di sera non uscissero da sole».

Ma così sembra che la ragazza sia andata a cercarsela.
«Non voglio colpevolizzare la giovane che ha subito violenza, anzi a lei vanno le nostre scuse per non aver saputo offrire la degna protezione. Ma a volte bisogna ragionare in termini reali».

Non le sembra una sconfitta?
«Sì, vero: è una sconfitta della convivenza civile».

Ci sono rimedi?
«L'episodio è chiaramente collegato a un difetto di vigilanza. Bisogna intensificare il controllo del territorio, soprattutto di notte».

Fa i conti senza l'oste. È da anni che le forze dell'ordine lamentano la carenza di organico.
«Siamo al lavoro per realizzare uno studio del territorio che permetta la razionalizzazione dell'utilizzo delle forze dell'ordine, mirando a una presenza capillare e continuativa sul territorio».

La Procura è entrata nel mirino di parte dell'opinione pubblica per essersi limitata a chiedere gli arresti domiciliari per l'aggressore.
«Lo ripeto: la misura cautelare del carcere va utilizzata come extrema ratio e in questo caso la Procura, analizzando i vari fattori fra cui la personalità dell'indagato, ha ritenuto che i domiciliari fossero sufficienti».

Che ne pensa della protesta esplosa sotto l'abitazione del kosovaro accusato della violenza?
«Questi episodi vanno condannati. C'è anche una questione di umanità».

Vale a dire?
«Vale a dire che nell'abitazione presa di mira dai contestatori, venerdì sera c'erano anche la moglie dell'indagato e le sue figlie piccole, che non c'entrano nulla».

Stefano Serpellini

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